Molto spesso le persone tendono a minimizzare atteggiamenti irrispettosi nei loro riguardi, vuoi per l’imbarazzo, un senso del pudore troppo elevato, o semplicemente per la paura di essere giudicate; di passare per esagerate, forse, di sentirsi rispondere cose tipo “Ma che sarà mai, pensi che tutti ti sbavino dietro?”, che è la cosa che più di tutte chi confessa di essere stata toccata contro la propria volontà si sente facilmente dire, quasi che le sue fossero manie di protagonismo accentuate da un pizzico di presunzione femminile.

Eppure la palpata al seno, o al sedere (parliamo al femminile, ma questo non esclude che a subire indesiderati palpeggiamenti siano anche gli uomini), frequentemente fatta passare per “accidentale” o per una goliardica “manifestazione di amicizia” è una molestia bella e buona. Perché viola l’intimità della persona, la sua sfera privata, costringendola a un contatto non voluto, inopportuno, facendola sentire letteralmente aggredita e oltraggiata. E chi commette un abuso simile – perché di questo stiamo parlando – lo fa proprio fortificato dal silenzio della sua vittima, dal fatto che, molto probabilmente, non racconterà nulla, e addirittura incolperà se stessa ritenendosi esagerata se si sente violentata e a disagio. Se penserà che non vale la pena parlarne perché, in fondo, non è successo nulla di grave.

È andata così anche a Chloe Metzger, finché Taylor Swift – sì, proprio Taylor Swift – non le ha aperto gli occhi sulla realtà delle cose, facendole comprendere che quella sbagliata non era lei, ma chi aveva approfittato di lei.

Cosa c’entra Taylor Swift con le storie di molestie sessuali? Dal 2013 la cantante ha affrontato una battaglia legale, conclusasi solo nel 2017, contro il dj David Mueller, che le avrebbe palpato il sedere durante lo scatto di una foto dopo che lei era stata ospite nella trasmissione radiofonica di lui; la denuncia fatta dalla popstar nei suoi confronti avrebbe fatto scattare il licenziamento di Mueller dalla radio, hanno sostenuto i suoi avvocati, e per questo il dj ha citato in giudizio la Swift, chiedendo un risarcimento di 3 milioni di dollari. Indennizzo che tuttavia è stato negato, perché il 12 agosto del 2017 il giudice William Martinez ha stabilito che non vi sono prove che la ventisettenne americana abbia avuto responsabilità nell’andamento delle vicende lavorative di Mueller. Anzi, nel processo a due fasi, entrambe vinte della cantante, il dj è stato anche condannato a pagare alla cantante un simbolico dollaro di risarcimento danni per molestie sessuali.

La battaglia di Taylor Swift infatti non ha mai avuto fini economici (tanto che Mueller, nel febbraio del 2018, è stato assunto per lavorare come co-conduttore allo spettacolo mattutino “Jackson & Jonbob” su KIX 92.7 a Greenwood, nel Mississippi, con conseguenti polemiche social da parte di chi non avrebbe voluto concedergli una seconda opportunità lavorativa), ma soprattutto morali, e ha voluto rappresentare soprattutto un segnale importante per dire a chiunque subisca una molestia di non sottovalutarla, né di tacere. Ed è appunto quello che Chloe ha capito, nel momento in cui ha deciso di raccontare la sua storia di abusi a Marie Claire US.

La sua esperienza risale ai tempi del college, quando l’amico di una sua compagna di stanza entrò in camera baciandola e spogliandola, nonostante lei protestasse e gli chiedesse di fermarsi.

La mattina – ha scritto Chloe sul magazine americano – dopo essermi seduta in doccia con le braccia intorno alla vita, come quando senti che i pezzi di te stanno scivolando via , mi sono maledetta per essere così dannatamente drammatica.”Stai esagerando” mi dicevo ogni volta che mi veniva da piangere. Mi sono detta che non era così grave, che queste cose accadono tutto il tempo, e in più eravamo entrambi ubriachi e non avevo flirtato con lui quella sera? Ho invocato ogni scusa nel tentativo di calmare il grido nella mia testa che mi diceva che qualcosa di molto sbagliato era accaduto… ma poi di nuovo, davvero? Dopo tutto, avrebbe potuto essere peggio – conoscevo il ragazzo; mi piaceva anche. Era stato solo un approccio molto strano, ho pensato. Sono stata toccata, ma non sono stato violentata. Mi sono sentita violata, ma non sono stata violentata.

Lo sfogo di Chloe prosegue:

Perché le donne sono state costrette a credere, che alcuni tocchi indesiderati, purtroppo, accadono: il tuo seno può essere palpato nella ressa in un pub, la tua coscia stretta in una cena o uno sconosciuto può baciarti. È la vita.
E anche se il crimine, l’assalto sessuale è molto chiaramente definito come “qualsiasi tipo di contatto sessuale o comportamento che si verifica senza il consenso esplicito del destinatario”, l’idea binaria della società rispetto all’assalto sessuale crea una mentalità “tutto o niente”: o è stupro – nel qual caso dovresti dichiararlo definitivamente, ricevere aiuto e intraprendere tutte le azioni del caso – o è tutto il resto, una scala che va dal ricevere insulti tipo “cagna” a palpeggiamenti non richiesti al tuo sedere.
Ecco perché il caso giudiziario di Taylor Swift è così dannatamente importante. Siamo così desensibilizzati da queste molestie quotidiane che non si allineano con come la società vede l’assalto sessuale “vero” da lasciare le vittime, come me, alienate, e banalizzando i nostri sentimenti come melodrammatici, ingiustificati e imbarazzanti.
Ma Taylor ha rifiutato di accettare ogni altra interpretazione del suo assalto sessuale. Non aveva accettato il contatto sessuale, e non si era abbassata a ciò che la società pensava o avrebbe pensato.
Ho detto solo a un’altra persona, un’altra compagna di stanza, dell’incidente. “Sì, mi è successa la stessa cosa una volta,” sospirava. Un’altra donna, un altro assalto, un altro giorno. La mia notte era una nota a piè di pagina nella stessa storia stanca che milioni di donne avevano raccontato per anni, e l’avevo archiviato nella cartella “c’est la vie” nel mio cervello, dove si sedeva come un dolore con cui imparai a convivere.
È stato così fino all’anno scorso, quando ho raccontato dell’incidente alla vicina mia amica, sopravvissuta a uno stupro, che ha cominciato a farmi capire e interiorizzare che quello che mi è successo è stato un assalto sessuale. “No, no,” le ho detto per scrollarmi subito di dosso quella pesante etichetta “era solo una di quelle cose strane”.
“È stato un attacco sessuale” ha ripetuto lei tranquillamente.
“No – ho replicato – in realtà non è stato un grosso problema, flirtavamo comunque.”
Era comunque un attacco sessuale” ha detto lei fermamente.
E lo era. Lo è. Ero stata così concentrata nel tentativo di giustificare la notte per quello che non era (per esempio uno stupro, orrendamente violento, o commesso da uno sconosciuto in un vicolo), che non avevo mai permesso di etichettarlo per quello che era veramente: un assalto sessuale.
Era come se avessi aspettato qualcuno con autorità, qualcuno che avesse sperimentato un caso più culturalmente più accettato di assalto sessuale del mio, per darmi il permesso di piangere la mia esperienza. Mi è stato detto che la mia “notte strana” non era solo qualcosa che avrei dovuto accettare come normale o sfortunato, giustificando tutte le emozioni che avevo ignorato per anni.
E penso che sia questo di cui le donne e gli uomini nella società hanno bisogno attualmente. Abbiamo bisogno di un amico per sedersi e dirci, sì, le tue esperienze ed emozioni sono valide. Sì, quel bacio o il pizzico, o il tocco non richiesto, che ha violato il tuo corpo sono assalti sessuali, e no, non devi fartelo andare bene. Perché non va bene. L’assalto sessuale non va bene.

Ecco il motivo per cui il processo di Taylor Swift è stato così importante per lei:

Ogni risposta inequivocabile nella sua testimonianza è stata una vittoria per le donne che sono state chiamate a smettere di reagire, che si sono sentite violate e non capiscono perché, e che vivono ogni singolo giorno con la convinzione che i loro corpi non siano completamente loro.
Perché non importa cosa il tuo amico, il tuo compagno di stanza, o alcuni troll di internet possano pensare, l’aggressione è aggressione e tu puoi sentirti come diavolo ti pare se la subisci.

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