La ninfomania, nell’immaginario collettivo, è qualcosa di diverso da ciò che è in effetti. Fino al 1992, l’Organizzazione Mondiale della Sanità la descriveva come una patologia, e in seguito, nel 1995 il termine è stato dismesso in favore dell’unisex ipersessualità, all’interno della IV edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

In altre parole, l’Oms ora la riconosce come un disturbo, che però non è attribuibile solo alle donne, ma anche agli uomini (a questi ultimi, come vedremo, era riservato un altro nome).

C’è però un fatto, che ha sempre a che fare con l’immaginario collettivo: l’ipererotismo negli uomini, secondo un luogo comune, è connaturato nel loro essere, fa parte di loro, mentre nelle donne rappresenta vizio e perversione. Naturalmente le cose stanno in modo molto diverso.

Ninfomania: cosa significa?

Ninfomania
Fonte: American Horror Story: Asylum

Dai suoi primi studi, la ninfomania è stata correlata alle donne con una connotazione foriera di negatività. Il primo studio risale infatti al 1771 e fu del medico francese J.D.T. de Bienville, che scrisse il saggio La ninfomania, ovvero trattato sul furore uterino.

Fu lui a coniare il termine, che è composto da due termini di origine, ninfa e mania, la cui unione indica l’ossessione per i rapporti sessuali. Nel titolo si parla di furore uterino, come se da questo organo si sprigionasse l’ipersessualità femminile.

Il disturbo, secondo quanto riporta Scienze Notizie, porta le donne ad avere uno spiccato e costante desiderio di contatti fisici con un partner, uomo o donna. Nel momento in cui si ha un rapporto sessuale, però, non si riesce a raggiungere il piacere, perché alla base del disturbo c’è un circolo vizioso di voglia e insoddisfazione.

Le cause della ninfomania

Dietro la ninfomania c’è infatti un malessere di origine psicologica, causato dalla mancanza di affermazione sociale, oppure dall’insoddisfazione verso la propria identità, o dall’assenza di amore nelle precedenti relazioni della vita (fin dall’infanzia).

Secondo il sessuologo Patrick Carnes, la ninfomane sente di non meritare l’amore e di non essere una brava persona: la ricerca continua di un partner sarebbe un istinto per migliorare l’autostima, cosa che però non avviene.

La studiosa Judith Reisman ha correlato invece i meccanismi della ninfomania a quelli di qualunque altra dipendenza, come quella da sostanze quali droghe o alcol, tanto che ritiene che il disturbo si concretizzi non necessariamente con la ricerca di un’altra persona con cui dare una risoluzione al desiderio, ma anche attraverso la masturbazione.

Tra le cause individuate dallo psichiatra Brian Weiss rispetto a questo disturbo, ci sono abusi sessuali ricevuti, annullamento nella persona amata, ansia da separazione ma anche anorgasmia e anedonia. Questi ultimi due, cioè l’assenza del piacere e della sua ricerca, possono essere cause ma anche effetti dell’essere colpiti da ipersessualità.

I sintomi della ninfomania

Ninfomania
Fonte: Il grande Lebowski

Tra i sintomi c’è naturalmente la costante ricerca del partner o l’eccesso di masturbazione molte volte al giorno. Le donne ninfomani possono riscontrare malinconia e stress, mancanza di memoria e distrazione.

Le conseguenze di questi sintomi possono portare direttamente a un peggioramento della propria vita famigliare e professionale, oltre che naturalmente affettiva nel senso più ampio del termine, anche perché la ninfomane è portata a una distorsione della realtà.

Satiriasi, la ninfomania maschile

È un mito maschile sul femminismo l’idea che noi donne odiamo il sesso. Può essere un’attività naturale e stuzzichevole, anche se esistono persone, parlo della satiriasi negli uomini e della ninfomania per le donne, che lo praticano in modo non spontaneo e senza gioia.

Così parlò Maude Lebowski nel film Il grande Lebowski cui accenneremo in seguito. Questa citazione esprime esattamente come la satiriasi sia il corrispettivo maschile della ninfomania.

Si tratta quindi dell’irrefrenabile impulso a cercare partner e fare sesso, che è presente in alcuni uomini, in analogia alla ninfomania che invece interessa le donne. Il nome viene dal satiro, un personaggio della mitologia greca che impersonava la fertilità e dal carattere lascivo. Anche la satiriasi rientra nella catalogazione, neutra rispetto al genere, dell’ipersessualità.

Riferimenti nel cinema e nella cultura

Ninfomania
Fonte: Breakfast Club

Nei film e nei telefilm, molto spesso si fa riferimento alla ninfomania.

Ne Il grande Lebowski si parla del fatto che il personaggio di Bunny, con un passato di pornostar, sia ninfomane.

Il disturbo viene attribuito anche a Shelley in American Horror Story: Asylum: la stagione è ambientata negli anni ’50, tanto che il personaggio è ricoverato in manicomio per la sua presunta ninfomania. In quel periodo o prima non era rarissimo che le donne che tradivano i mariti fossero spedite in manicomio con questa giustificazione.

Inoltre dice di essere ninfomane (ma poi la scopriremo bugiarda patologica) Allison di Breakfast Club.

Di ninfomania parla in teoria Nymphomaniac di Lars von Trier, film in due volumi che narra le imprese sessuali di Joe. Diciamo in teoria, perché se Joe fosse realmente ninfomane, non trarrebbe alcun piacere dal sesso fin dall’inizio. E invece, soprattutto quando Joe è molto giovane, la seduzione è un gioco molto piacevole (e con essa anche i numerosi orgasmi).

Solo nel secondo volume vediamo la protagonista incapace di provare piacere e alla scoperta di alcune esperienze diverse (cioè il Bdsm) per cui trova infine soddisfazione. Per quanto riguarda la letteratura, i romanzi sull’argomento non sono tantissimi, ma invece lo sono i saggi che approfondiscono l’aspetto psicologico del fenomeno.

Come si cura la ninfomania?

Più che di cura dovremmo parlare di terapia, perché non parliamo di una patologia. Come spesso accade per i disturbi che hanno a che fare con le ricadute del sentire inconscio, la psicoterapia può rappresentare un modo e un mezzo per riconciliarsi con la causa della ninfomania. Per questa ragione è fondamentale che le sedute siano individuali: si va a indagare su aspetti decisamente intimi del proprio vissuto e del proprio sé.

Tuttavia anche qualche terapia di gruppo potrebbe aiutare, per indurre eventualmente la paziente, se ce ne fosse bisogno, a capire che non è sola e che ci sono altre persone come lei e non c’è nulla di cui avere pudore o vergogna.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!