Lo scrittore Marco Cubeddu ha pubblicato nella rubrica “Intransigenze” sul Secolo XIX, un articolo contro le ragazze con gli shorts. L’autore di “C.U.B.A.M.S.C.- Con una bomba a mano sul cuore” (Mondadori), ha detto la sua sulla moda delle ragazzine che indossano  pantaloncini cortissimi. “Non possono lamentarsi se poi le stuprano” scrive Cubeddu citando il commento di una sua amica, etichettata come non bigotta, e ricordando le ultime parole sull’argomento di Oliviero Toscani.
Continuando l’articolo si legge come, secondo Cubeddu, nonostante prenda le distanze da ogni giustificazione di forme di violenza, sull’inutilità della parola femminicidio perchè  secondo lui “un omicidio è sempre un omicidio”.

Una tesi la sua che manda su tutte le furie l’opinione pubblica, soprattutto in rete.

Ecco l’articolo completo. A voi ulteriori riflessioni: 

cubeddu“Qualche settimana fa ero a Roma, per lavoro. Trascorrevo la pausa pranzo a Villa Borghese, sdraiato su una panchina. Quando, a un certo punto, sono stato travolto da una nube di “quartine” in shorts. Con “quartine”, a Roma, si intendono quelle di quarta ginnasio, cioè quattordicenni. Era appena finita la scuola. E le strade si sono riempite di ragazzine di 2a e 3a media. Non solo in shorts, ma anche in “minishorts” (il jeans arrivava molto più in alto della fine dei glutei). Alcune si toglievano le magliette e restavano in reggiseno. Altre, con le magliette bagnate per i gavettoni, il reggiseno non lo indossavano. Qualche giorno fa ero in Sardegna, in giro per paesi molto piccoli. Anche lì, ragazzine, giovanissime, con una parte consistente di chiappe in vista. Sono rientrato a Genova, per una rimpatriata con la mia classe delle medie. Non vedevo i miei compagni e le mie compagne da più di 10 anni. Siamo andati a bere qualcosa nei vicoli. Straripavano di minishorts. Ho chiesto alle mie compagne (non esattamente bigotte): da donne, erano perplesse. Secondo una di loro “non possono lamentarsi se poi le stuprano”. Ovviamente, non esiste e non deve esistere nessuna giustificazione o attenuante per azioni tanto barbare.

La violenza sulle donne è disgustosa. Anche se, personalmente, penso che femminicidio sia una parola idiota. Ogni omicidio è un omicidio. E dovremmo condannarlo senza ricorrere a ridicole discriminazioni di genere. Inoltre, anche se impopolare, bisogna dirlo: spesso, le violenze domestiche nascono da situazioni in cui, donne con scarsa personalità, si legano a zotici della peggior risma.

Più che una questione di genere, mi sembra una questione di mancanza di strumenti culturali. E, pur prendendo le distanze da ogni inqualificabile molestia, la questione rimane: perché le ragazzine si vestono così da sgualdrine? Nessuno dei miei amici si fidanzerebbe con una che si veste così. E nessuna delle mie amiche si vestirebbe così. Non si tratta di moralismo. Personalmente, sono grato a questa moda. È un piacere vedere tutte queste Daisy Duke (chi guardava “Hazard” non può aver dimenticato) girare per le città.

Ma non capisco perché una ragazzina dovrebbe voler apparire in questo modo. Cosa pensano di ottenere?

Le donne, nel mondo, ancora orrendamente fallocratico, stanno accrescendo la loro influenza. Esistono differenze biologiche e di genere che esaltano entrambi i sessi e non sono in contrasto con il successo, la serietà e le capacità delle donne. Che, anche in Italia, acquisiscono, forse troppo lentamente, una maggiore affermazione sociale.

Oggi impazzano le campagne per la parità. Alte cariche dello Stato si sono indignate per le parole di Franco Battiato, volutamente travisate dai media: troie in parlamento.

Un giudizio politico impugnato da chi, forse, ha la coda di paglia. Non è con il sensazionalismo che cambieranno le cose. La fine delle discriminazioni passa per l’esito di battaglie di lungo periodo, fragili processi storici e fasi di transizione, che muovono da basi profonde. Il primo motore dell’emancipazione femminile, più che la montagna fumante di reggiseni bruciati in piazza, è stata la salarializzazione della Seconda Guerra Mondiale .

Ma, almeno parte del proprio destino, è data da scelte individuali.

Siamo così convinti che mettersi il velo sia prigione e i minishorts siano libertà?

Siamo convinti non esista una via di mezzo in cui milioni di donne si trovano perfettamente a loro agio?

Fin da giovani si può decidere chi si vuole diventare da grandi. Care quartine, a voi la scelta: life is short(s).”

 

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