Le lettere delle prostitute che lavoravano nelle case chiuse prima della Legge Merlin

Sono passati oltre 60 anni dall'approvazione della Legge Merlin, e il tema della riapertura delle chiuse torna spesso a farsi sentire. Più esplicative degli slogan elettorali sono le parole delle prostitute che all'epoca scrissero alla senatrice descrivendo la loro situazione.

Sono passati più di 60 anni dall’approvazione della Legge Merlin, entrata in vigore il 20 febbraio 1958, che sancì la chiusura dei bordelli italiani. “Non ho la pretesa che la legge da me proposta valga a sanare la piaga della prostituzione. La moderna società deve andare oltre la legge e i costumi del passato”, disse la sua ideatrice, la socialista Angelina Merlin, detta Lina, partigiana e insegnante, oltre che prima donna eletta al Senato.

Prima dell’approvazione della Legge Merlin, la senatrice affrontò una battaglia parlamentare lunga dieci anni. Ispirata all’attivista francese ed ex prostituta Marthe Richard, che nel 1946 si era fatta promotrice della chiusura dei bordelli in Francia, Lina Merlin presentò il suo primo disegno di legge nel 1948. Secondo i dati ufficiali, in quell’anno pare fossero attive settecento case chiuse, con duemilacinquecento donne registrate.

Ciclicamente, una delle grandi conquiste della modernità è stata rimessa in discussione. La riapertura delle case chiuse è un tema che si ripropone sempre in clima di campagna elettorale, come tentativo di offrire una risposta al perdurare della prostituzione, soprattutto in strada. “Pulire” le strade, far pagare le tasse alle “professioniste” e fornire un ambiente “a norma di legge” e controllato igienicamente: queste le motivazioni offerte dai fautori dell’abolizione della Legge Merlin.

Più esplicativi di qualsiasi propaganda politica, però, restano le testimonianze delle prostitute che decisero di scrivere alla senatrice per esprimere il loro parere sulla Legge Merlin. Le loro lettere sono state raccolte da un libro curato dalla Fondazione Anna Kuliscioff, dedicato alla rivoluzionaria russa (naturalizzata italiana), medico e giornalista che contribuì alla nascita del Partito Socialista Italiano.

Non dia retta a quelli che la minacciano; non siamo noi signorine a farlo, sono loro, i padroni e le megere – si legge in una delle tante missive inviate a Lina Merlin – Ci sono dei capitalisti e dei nomi che lei non s’immagina nemmeno: intanto noi quando non andiamo finire al cimitero, andiamo finire all’ospedale oppure dai poveri vecchi.

Dalle loro lettere emerge tutta la criticità di quelle situazioni, in cui le donne non erano affatto tutelate e, seppure si trattasse di istituti legali, molte di loro erano sfruttate. C’è da chiedersi però se le speranze che queste donne esprimevano alla senatrice e che erano alla base della loro convinzione di chiudere le case si siano poi esaudite. Perché la realtà attuale sembra purtroppo assai diversa da ciò che quelle ragazze si auspicavano.

1. "Ci salvi tutte Onorevole": la supplica di una prostituta alla Merlin

Ci salvi tutte Onorevole e che più nessuna ragazza entri in queste case come ci sono entrata io e che nessuna debba più essere sfruttata da nessuno e minacciata anche dalla polizia. Si guardi anche da questa, che quasi sempre sono d’accordo e quando non sono d’accordo proprio sono dalla loro parte e contro di noi (però poi vengono con noi e non ci danno niente).

2. "Spero tanto nella sua legge... E la temo un po’"

Egregia Signora,
Era tanto tempo che Le volevo scrivere ma non mi decidevo mai perché è difficile per una come me trovare il tempo e la tranquillità necessarie. Avrà già capito chi sono… sono una delle tante «signorine», «una di quelle» come ci chiamano le «cosiddette» persone «per bene». Ci siamo conosciute qualche anno fa in una sua ispezione visita in una Casa in cui ero di passaggio; non mi sono fatta notare perché non volevo che l’emozione per la sua presenza mi togliesse la maschera che da anni mi sono imposta per nascondere a tutti chi sono, cosa penso, etc. […] Mia sorella crede che io faccia la rappresentante di cosmetici e di bijotterie e sino ad ora sono riuscita a farglielo credere. […]

Spero tanto nella sua legge… e la temo un po’. Spero perché con la chiusura legale di queste orribili case avrò anch’io la possibilità di chiudere questo tipo di vita inumana senza strascichi di libretti, senza liste ricattatorie in questura, etc. etc. La temo perché non vorrei che gli effetti rimanessero unti tutti con l’olio santo… la morale dei «cosiddetti» uomini e donne «per bene» salva e il marciume dei «padroni» e dei «capitalisti di carne umana» trionfante.

3. "Faccia chiudere queste maledette case"

Signora, non sono nata cosi né io né la maggior parte, anzi tutte le altre come me, ci siamo diventate, ci siamo diventate perché la società ci ha fatte diventare, ci hanno fatto diventare così i vari «avvocati» per bene, e le varie «benefattrici» che s’incontrano su tutte le strade della gente che ha fame e che è ricattata su tutto. Io ho qualche punto sulle altre perché sono un po’ istruita e non del tutto sciocca; dalla triste e dolorosa esperienza di tutta la mia vita mi sono temprata (sia pure per le case chiuse) e vivo due vite: quella pulita (è per un domani, e la vivo nel mio sogno in quei pochi minuti in cui il sonno mi libera da tutti e posso stare con me stessa), quella sporca con il volto da «grinta» rapace è per gli estranei…. e sono senza pietà perché nessuno ne ha avuta mai per me.

È con il volto che avevo quando ero bambina, è con le parole che le direbbe mio padre che le dico: faccia chiudere queste maledette case ma non perda di vista tutto il marciume che vi è d’attorno; faccia chiudere le case ma non perda di vista gli ideali che furono anche del mio babbo (o che bene mi fa poter parlare del mio babbo con una persona delle sue stesse idee!).

4. "Non so uscirne. Chiudete!"

Cara Signora
Sento imminente la chiusura delle Case di tolleranza. Sono contenta. È da circa tre anni che vivo in queste bolgie infernali. Sono avvilita. Vi sono entrata per caso, perché ho trovato legalmente aperto. Non so uscirne. Chiudete! Non date ascolto a nessuno, nemmeno alle ragazze che dicono di avere figli da mantenere. Io dico: mia Madre, le nostre Mamme non sono entrate in Casa di tolleranza per crescerci. Aggiungo ancora: la bestia, qualunque femmina rifiuta il maschio che non le piace!

5. "La prego di lottare"

Nelle case una povera ragazza deve subire il contatto dai 50 ai 70 clienti al giorno per dividere alla sera con la padrona lasciando ancora la pensione ed altre spese. Cosi si propaga la sifilide; tutte le ragazze ne sono affette, ma poche se la curano.
Molte ragazze, e tra queste io stessa, ci siamo ritirate, stanche, nauseate di tutto, poi il bisogno ci ha spinte un’altra volta in queste case, mentre se non esistessero più si aprirebbe per noi un’altra strada di lavoro onesto e di redenzione.
La prego di lottare quanto può. Se Lei riesce io mi farò conoscere e racconterò a Lei cose da far rabbrividire. Se Lei sapesse quale marciume in queste case; quali ignobili esseri vivono alle spalle nostre. Lotti fino alla vittoria e che Dio la benedica.

6. "Quante gente mangia con il nostro sangue"

Qui a N. i Dottori mangiano. La visita bisogna contraccambiarla in fiaschi di olio e pacchetti di sigarette americane. Dunque vede cara signora quanta gente mangia col nostro sangue e per questo le dispiace che vengano chiuse dette case. Oltre a quello che noi le diciamo saprà già tante altre cose. La nostra raccomandazione: non si faccia giocare da nessuno, sia di proposito, come è stata fino dal principio e vedrà che tutto andrà bene. Nessuno è mai morto di fame e chi non è abituato a lavorare si abituerà. Il proverbio dice l’ozio è la madre di tutti i vizzi.
Con fede e le raccomandiamo di non farsi giocare. Auguri cara Senatrice e che Iddio la protegga.

7. "Non saremo più guardate come bestie"

Togliere queste case non è mettere noi ragazze in mezzo alla strada perché quando siamo arrivate ai 30 o 35 anni non ci vogliono più, vogliono ragazze giovani, e noi che facciamo se nei 10 o 15 anni di vita non abbiamo avuto giudizio e come si può averne se facciamo la vita che facciamo? Quasi tutte poi abbiamo avuto l’uomo che oltre ad averci messe, ci mangia tutto e raggiunti i 40 anni andiamo in case basse senza mai poterne uscire perché prive di mezzi. Chiudendo queste si salva tante ragazze giovani. Non stando più queste aperte si cercheranno un lavoro e sarà la volta che ci confonderemo con le altre donne e non saremo più guardate come bestie. Ma fino quando ci staranno queste aperte scenderemo sempre più.

8. "Mi ha lasciata qui in balia di speranze e di delusioni"

Anch’io come tutte ho sperato in una risoluzione accelerata del suo progetto, ma poiché tutto tace vorrei da lei un consiglio per quanto segue. Pur facendo questa vita, ho un amico di buona famiglia che talvolta m’aiuta.
Come tutti gli uomini che vivono egoisticamente trova quasi naturale la mia professione. Sono innamorata e sopra tutto, ciò che è rimasto di buono nel mio cuore, una buona onesta compagna per lui.
Quando io gli chiedo cosa farò io quando chiuderanno lui mi risponde: sarai felice perché te ne tornerai a casa e io non ti abbandonerò, ma io credo sia persino una forma di pervertimento lasciarmi qui in balia di speranze e di delusioni.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!