Transfobia, perché siamo tutte e tutti transfobici, e come superarla

La transfobia è l'atteggiamento di odio, repulsione e disgusto provato nei confronti delle persone transgender, basato sull'errata convinzione che esista solo la dicotomia "uomo/donna" e che le sfumature presenti tra i due estremi non siano degne di essere prese in considerazione. Le conseguenze sono isolamento, solitudine e senso di vergogna. Vediamone i dettagli.

La notizia è di pochi giorni fa: il caso della morte di Cloe Bianco è stato archiviato. La Procura di Belluno ha, infatti, dichiarato che non ci sarebbe stata nessuna istigazione al suicidio nei confronti della professoressa transgender di 58 anni originaria di Marcon, in provincia di Venezia, e morta carbonizzata nel suo camper lo scorso giugno.

Un atto che è netta conseguenza delle sofferenze iniziate nel 2015, quando l’insegnante di Fisica aveva deciso di fare coming out presentandosi in classe con abiti femminili e chiedendo ai suoi studenti di rispettare la sua identità di genere e di essere chiamata, a partire da quel giorno, Cloe Bianco.

L’episodio, tuttavia, non ha generato l’accoglienza che la docente si sarebbe aspettata. L’Istituto agrario Mattei di San Donà di Piave dove lavorava ha, infatti, deciso di sospenderla per tre giorni, e il tribunale del Lavoro di Venezia, a un suo ricorso, non le aveva dato ragione, dando, così, l’abbrivio a un percorso di dolore culminato nella scelta, da parte dell’Istituto, di allontanarla dall’insegnamento (con correlati insulti social da parte di professori e figure politiche della città). E alla decisione fatale dello scorso giugno, che ha visto Cloe Bianco morire nel rogo della sua roulotte, dandosi fuoco in seguito ad anni di isolamento, senso di vergogna e solitudine.

Quello di Bianco, però, è solo uno degli ennesimi episodi di transfobia: un odio che necessita di essere fermato e, soprattutto, di essere reso sempre più noto, affinché possa essere combattuto. Vediamo di che cosa si tratta.

Che cosa significa transfobia?

Il termine transfobia deriva dall’unione del prefisso “trans“, tratto da “transgender“, e della parola greca “fobia“, ossia “paura“. La transfobia, però, ha ben poco a che vedere con una paura vera e propria, bensì indica l’odio, l’intolleranza e la discriminazione nei confronti delle persone transgender.

Queste ultime, lo ricordiamo, sono tutte coloro che non si identificano con il genere assegnato loro alla nascita, e che pertanto decidono di giungere a una maggiore situazione di agio con se stessi mediante interventi di varia natura (dal rifiuto del ruolo di genere imposto al crossdressing, dalla cura ormonale all’operazione di ri-assegnazione del sesso).

Ovviamente, l’esperienza vissuta non è identica per tutti gli individui transgender, ma appare identica, invece, la repulsione con cui spesso essi vengono trattati dalle persone transfobiche, con atti di violenza, bullismo e, nei casi peggiori, omicidio.

Le cause e le origini

Quali sono, infatti, le cause alla base della transfobia? Unobravo ne individua principalmente tre:

  • Ignoranza: nel senso letterale del termine, ossia quello di “ignorare” che cosa significhi identità di genere e che cosa comporti non riconoscersi in quella “assegnata di default” alla nascita, con conseguenti atteggiamenti transfobici, umilianti e violenti nei confronti delle persone trans;
  • Bias e binarismo di genere: interiorizzati e/o istituzionalizzati, si tratta, in ogni caso, di preconcetti che, a livello sociale, ingabbiano le persone nel canonico dualismo di genere uomo/donna, senza accogliere le sfumature che esistono tra i due estremi. Chi elude questa distinzione merita di essere “punito” ed escluso: di qui, la violenza transfobica;
  • Marginalizzazione: poiché impreparati ad accogliere e, spesso, a gestire le esigenze degli individui trans, i sistemi sanitari sono gli stessi che contribuiscono a un loro isolamento, alimentando, così, lo stigma sociale e le difficoltà delle persone che necessitano di supporto e aiuto.

Episodi famosi di transfobia

La transfobia, dunque, affonda le sue radici nel cosiddetto “essenzialismo di genere” che, come si legge su Pasionaria, si basa sull’errata convinzione che esistano solo due sessi biologici, quello maschile e quello femminile, e che tutto ciò che non rientra in queste due categorie non sia degno di considerazione.

Una trappola ideologica in cui sono cadute anche alcune delle personalità maggiormente di spicco del mondo culturale internazionale, come J.K. Rowling, la celeberrima scrittrice della saga dedicata a Harry Potter.

Nell’estate del 2020, l’autrice è stata duramente accusata di transfobia in seguito alla pubblicazione di un lungo post in cui affrontava proprio le tematiche di sesso e di identità di genere e dei diritti delle persone trans, rivendicando il diritto alla libertà di parola:

Non mi piegherò di fronte a un movimento che ritengo stia facendo danni dimostrabili nel tentativo di erodere il concetto di “donna” come classe politica e biologica, offrendo protezione ai molestatori come pochi nella storia.

La sua idea è, quindi, quella di opporsi alla «cancellazione del concetto di “sesso”», sostenendo che l’inclusione delle donne trans della categoria “donna” danneggerebbe, in qualche modo, la categoria nel suo complesso, ossia le donne “biologicamente” tali.

Una convinzione che è alla base di una delle numerose correnti femministe, quella delle TERF – di cui parleremo in seguito – e che è stata accarezzata anche dalla scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie nel 2017. L’autrice di Americanah e del pamphlet Perché dovremmo essere tutti femministi ha, infatti, espresso pareri opinabili nel corso di un’intervista, dove alla domanda “Che cosa ne pensi delle donne trans”, ha risposto – come riportato da Marie Claire – nel modo seguente:

Le donne trans sono donne trans. Se hai prima vissuto come un uomo e con i privilegi che il mondo accorda agli uomini, e poi hai cambiato genere, è difficile che si possa equiparare la tua esperienza a quella di una donna che ha vissuto fin dal principio come donna, e a cui non sono stati mai concessi quei privilegi che hanno gli uomini.

Nel 2021, Adichie ha ripreso il discorso sui social cercando di spiegare le sue posizioni in merito e criticando l’ingerenza degli stessi social media nel “diffondere menzogne“, senza, tuttavia, spiegare davvero nel dettaglio la sua opinione, se non confrontando i privilegi di una donna trans nata in un corpo maschile e, al contrario, le difficoltà di una donna cisgender.

Transfobia e femminismo: le terf

Come abbiamo visto, la maggior parte degli atteggiamenti transfobici trae origine da una corrente specifica nata nel bacino del femminismo: il femminismo TERF, acronimo di “Trans Exclusionary Radical Feminists”, ossia coloro che escludono le donne trans dal movimento femminista perché, secondo loro, non sarebbero “donne per davvero“.

Alla base di tale pensiero vi è, infatti, il determinismo biologico, per cui l’esperienza maschile e femminile sarebbero strettamente legate ai genitali con cui si nasce. Il sesso biologico sarebbe, dunque, fondamentale e altamente determinante, motivo per il quale le donne trans non sarebbero “abbastanza donne“, proprio perché nate con i genitali “sbagliati”.

Nello specifico, le TERF sostengono che le donne trans non avrebbero subito le stesse discriminazioni che colpiscono le donne “biologiche”, essendo, anzi, state esse stesse parte delle dinamiche opprimenti del patriarcato, di cui sarebbero state complici in quanto nate biologicamente “uomini“.

Anzi, proprio per quest’ultimo motivo le donne trans, secondo le TERF, non avrebbero nemmeno il diritto di frequentare i medesimi spazi delle “donne vere”, perché costituirebbero un ostacolo alla loro libertà, incolumità ed espressività (si veda l’esempio paradossale, e spesso riportato da tale corrente, relativo ai bagni femminili, i quali sarebbero “usurpati” dalle donne trans che potrebbero, in essi, stuprare o commettere violenze nei confronti delle donne “biologiche”).

Come superare la transfobia

Quindi qual è la soluzione? Come sempre in questi casi, l’unico, vero modo per porre fine ad atteggiamenti di discriminazione di genere e omobitransfobici è abbracciare l’intersezionalità e, nello specifico, il femminismo intersezionale.

Il riconoscimento dell’intersecarsi dei diversi assi di oppressione e l’accoglienza delle diverse chiavi interpretative che le dinamiche oppressore-oppresso recano con sé è, infatti, la sola modalità per iniziare a sovvertire il sistema che ne è alla base, eteronormativo, binario e violento.

Ma anche patriarcale, capitalista, colonialista e sessista, orientato verso la reificazione e la conseguente svalorizzazione del corpo della donna, giudicato, sfruttato e violato. Per questo, se si è una donna trans, si è immediatamente rese invisibili, emarginate ed escluse, perché distanti dalle norme e dai canoni binari che la società impone.

L’unico modo per superare la transfobia è, allora, l’accettazione della differenza, di quella peculiare e insostituibile unicità che ci rende esattamente quello che siamo: un’edizione originale ed esclusiva di noi stessi, identica solo a se stessa.

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