La Porno-Vendetta: Se L'Ex Mette In Giro Le Tue Foto
Vendicarsi diffondendo immagini erotiche è una ritorsione sempre più frequente: ecco cosa succede e come agire se scopriamo di essere noi le vittime
Vendicarsi diffondendo immagini erotiche è una ritorsione sempre più frequente: ecco cosa succede e come agire se scopriamo di essere noi le vittime
C’era una volta la lettera anonima, quella che arrivava a casa nostra (o del nuovo fidanzato) e in cui si diceva tutto il peggio di noi. Oppure le chiacchiere tra amici, le cattiverie da bar, le malelingue. Oggi, invece, la vendetta tra ex passa sui social: Facebook e Twitter in primis, ma nei casi peggiori anche Youporn.
Dire il peggio di chi ci ha lasciato o tradito è un percorso normale nell’elaborazione del lutto emotivo: certo, non è un’operazione di cui andare particolarmente fieri, ma finché si limita a una cerchia ristretta di conoscenti, i danni sono minimi. Ma dopo che Paris Hilton diventò famosa a causa (o per merito) di un filmato osé postato sul web dal fidanzato scaricato, gli ex più vendicativi hanno iniziato a scoprire le grandi potenzialità della rete.
Ed ecco che la lettera anonima è stata sostituita dalle foto intime postate sulle bacheche di Facebook, la telefonata di insulti da un Tweet, le chiacchiere tra amici da un filmato privato diffuso sul web. Esistono persino siti specializzati in questo ambito: uno tra tutti, myex.com, propone di vendicarsi dell’ex postandone foto e una sintetica descrizione. Ma non sarebbe meglio far chiudere i portali di questo genere?
I tribunali si stanno occupando sempre più spesso di casi di questo genere: in America si chiama “revenge porn”, ossia porno-vendetta e la California ha già predisposto una legislazione ad hoc.
E in Italia? Diffondere immagini intime o decisamente hot di una persona è comunque reato, anche se quelle foto ci sono state spedite o siamo stati noi in prima persona a riprenderle. Ma ricordatevi bene che nel nostro paese non esiste ancora una normativa mirata e pertanto i reati che vengono normalmente contestati sono quelli di diffamazione o, eventualmente, di estorsione. L’art. 595 del Codice Penale punisce infatti “ogni offesa dell’altrui reputazione posta in essere con qualsiasi mezzo di pubblicità”.
La sanzione è quella della reclusione fino a un anno o della multa non inferiore a 516 euro. In più, la diffamazione a mezzo internet è considerata un reato aggravato, per l’intrinseca caratteristica di essere destinato ad un pubblico vasto: ma la sanzione non è affatto proporzionata al pregiudizio e al danno che il soggetto diffamato può ricevere, sia sul piano privato che su quello sociale.
Quindi (soprattutto per le giovanissime) pensateci sempre due volte prima di spedire una vostra immagine privata o di farvi riprendere in atteggiamenti intimi. E non esitate a rivolgervi alla polizia, se vi doveste trovare in una situazione del genere. Non ascoltate chi vi dice “Non dovevi fare quella foto, così impari”. Fate valere i vostri diritti. Anche perché la porno-vendetta a volte percorre strade ben più sottili.
Una professoressa universitaria americana una mattina si è vista arrivare i poliziotti sul posto di lavoro.
Confusa e incredula, ha ascoltato la storia che le veniva raccontata: su uno dei tanti siti per incontri a luci rosse appariva un suo profilo con tanto di nome, cognome e professione e una serie di filmati (di cui non era la protagonista, ma chi se ne accorge se il viso non è inquadrato?) dai titoli fin troppo espliciti.
Tra gli affezionati visitatori della pagina anche colleghi e studenti, con i quali lei avrebbe intrattenuto conversazioni hot e scambiato promesse di favori in cambio di offerte sessuali.
Il creatore della pagina non è ancora stato scoperto. In questo caso, come in molti altri, la vendetta è più sottile e organizzata. Una violenza sessuale perpetrata in modo non fisico, con conseguenze drammatiche sulla reputazione di chi ne è vittima.
Proprio per il crescente numero di denunce in tale ambito, anche in Italia si sta andando verso una legislazione mirata ai reati di diffamazione on-line.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha rigettato tutte le attenuanti proposte da un fidanzato lasciato che aveva diffuso un filmato in cui faceva sesso con la sua ex. Sosteneva che la donna fosse consenziente, che il solo fatto di farsi riprendere autorizzi la diffusione delle immagini, che il filmato fosse stato caricato accidentalmente.
Tutte “scuse” che non hanno convinto il giudice, che ha condannato l’imputato per diffamazione aggravata dal dolo. Speriamo che serva per intraprendere un percorso di legge serio, che scoraggi i “porno vendicatori” e li punisca in modo più severo.
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