La violenza sessuale è un’esperienza terribile. Non a caso, esistono dei programmi di supporto psicologico e addirittura una deontologia giornalistica ad hoc – che prevede, tra le altre cose, di parlare di sopravvissute alla violenza sessuale, non di vittime. Quest’ultimo assunto è basato su una riflessione: chi ha affrontato uno stupro, o comunque un’altra forma assimilabile di abuso, ha voglia di essere chiamata vittima?

L’empatia – riuscire a mettersi nei panni dell’altra persona – è fondamentale in questo tipo di situazioni. Può accadere che le sopravvissute alle violenze siano donne che conosciamo molto da vicino: sorelle o un altro tipo di congiunte, amiche, conoscenti. Potrebbe anche essere la nostra partner. Come possiamo fare per essere loro vicini? Come possiamo aiutarle? Un articolo della psicoterapeuta Vanessa Marin sul New York Times è illuminante a questo proposito. Ecco che cosa dice.

Ascoltiamo la loro storia

Chiaramente questo consiglio ha un corollario: dobbiamo prestare attenzione che la sopravvissuta abbia voglia di parlare. L’ascolto – senza pregiudizio, è scontato, ma vale la pena ribadirlo – deve essere senza condizioni. Le sopravvissute potrebbero ritrovarsi a esprimere rabbia, frustrazione, paura o tristezza. Non dobbiamo fare pressioni su di loro, nella maniera più assoluta e cercare di non avere contatti fisici con loro – abbracci, carezze, blandizie varie – perché potrebbero non gradire.

Ci sono delle frasi che possiamo utilizzare in questi casi, secondo quando dice Wendy Maltz sul libro The Sexual Healing Journey: A Guide for Survivor of Sexual Abuse:

  • Grazie per aver condiviso.
  • Non ti devi colpevolizzare per quello che ti è accaduto.
  • Non meritavi quello che ti è accaduto.
  • Mi spiace per quello che ti è accaduto.
  • Non sei quello che ti è stato fatto.
  • È stato un abuso, non una salutare sessualità.
  • Ti sostengo nel processo di ripresa.
  • Ti rispetto.
  • Ti amo.

Educa te stesso

Naturalmente è molto difficile cercare di mettersi nei panni di una sopravvissuta a una violenza sessuale – è comprensibile in assoluto e anche al netto di tutti i retaggi che continuiamo a perpetuare ogni giorno quasi senza accorgercene. E chiaramente, anche se abbiamo avuto a che fare in passato con un’altra sopravvissuta, non è la stessa cosa: ogni esperienza del genere è unica.

Dobbiamo tenere presente che la donna che abbiamo di fronte può sentirsi dissociata dal proprio corpo, può sentirsi in difficoltà se qualcuno si avvicina troppo, può avere dei problemi a prendere decisioni salutari e non istintive, può avere una libido bassa ed evitare il sesso. E soprattutto avere problemi di vergogna.

Possiamo ribadire quanto vogliamo che queste nostre amiche o parenti o partner non siano responsabili di quanto accaduto, ma la vergogna è quasi un riflesso involontario di fronte a un abuso sessuale. A noi non resta che continuare ad ascoltare – soprattutto quando ci esprimono i loro sentimenti, senza che noi premiamo perché sorridano o non piangano – continuiamo ad aiutarle anche per piccole cose e anzi facciamo capire di essere dalla loro parte.

Prendetevi cura di voi stessi

Violenza sessuale
Fonte: Pixabay

È importante che le sopravvissute a uno stupro abbiano un supporto professionale, come la psicoterapia, i gruppi di supporto o simili. Ma è importante che anche noi che ascoltiamo e siamo vicini facciamo altrettanto. Può essere molto difficile ascoltare in questi frangenti, possiamo arrivare a interiorizzare cose che non avremmo mai immaginato in tutta la vita. Non teniamoci tutto dentro, rivolgiamoci almeno a uno psicologo.

Rispettiamo la loro ripresa

La ripresa da un abuso sessuale è un processo di lungo corso – e ognuno ha un proprio percorso. È fondamentale naturalmente essere pazienti e far capire alla sopravvissuta che rispettiamo il suo duro lavoro. Nel frattempo possiamo intraprendere con lei delle attività quotidiane per agevolare quella ripresa: cucinare insieme o fare una passeggiata possono essere dei primi passi semplici (almeno per noi) da intraprendere, quando lei vi dirà che ha voglia di farli.

Ricordiamo che per tanti passi avanti ci possono essere dei passi indietro, ma non per questo la sopravvissuta non ha diritto al riconoscimento dei suoi traguardi.

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