Il chemsex è diventato tristemente noto ai più a causa di alcuni fatti di cronaca. Il più conosciuto è probabilmente quello della morte di Luca Varani, ucciso da Marc Prato e Manuel Foffo durante un festino a base di sesso e droghe per un intero week end. Anche se in effetti non è detto che la morte di Varani sia collegabile con il chemsex in senso stretto, visto che il ragazzo ucciso fu individuato per caso dai due che avevano progettato di fare del male a qualcuno fino a ucciderlo.

Di chemsex, ma “senza dolo” ha parlato la difesa di Alberto Genovese, ex leader di Subito.it, in carcere e in attesa di processo per lo stupro di una giovane modella per venti ore consecutive, durante uno dei suoi festini a Terrazza Sentimento. È infatti questa la carta che i suoi legali hanno deciso di giocare in tribunale nel tentativo di ottenere i domiciliari per il loro assistito: Genovese avrebbe voluto provare il chemsex con la ragazza, assumendo chetamina mischiata ad altri farmaci, e non sarebbe perciò stato in grado di intendere e di comprendere pienamente le sue azioni di quella notte.

Al di là della questione di Genovese, su cui ovviamente c’è un giudizio pendente, è chiaro che stiamo parlando di una pratica da prendere tutt’altro che con leggerezza, soprattutto per una serie di rischi in cui si incorre.

Cos’è il chemsex?

Chemsex
Fonte: Pixabay

Chemsex è il nome di una pratica (e di un fenomeno), che porta a coniugare sesso e droghe all’interno di festini che possono arrivare a durare anche un lungo fine settimana – perfino dal giovedì al lunedì. Tutto inizia in Rete, su social network dedicati a incontri. Un focus recente di Adnkronos spiega come ci siano dei codici per riconoscersi, anche a partire dal nickname. Ci si dà quindi convegno e si iniziano ad assumere diverse droghe, dalla cocaina alla metanfetamina, fino ai popper, all’Mdma e addirittura al ghiaccio spray, come riporta Psychiatry Online. Possono però fare la loro comparsa anche alcol e cannabis, non accade di rado.

Chemsex: i dati

Sempre stando a quanto riporta Adnkronos, secondo i dati di Associazione Solidarietà Aids (Asa) Onlus Milano, i chemsex addicted sono un decimo di coloro che fanno il test per l’Hiv. Diventano però 4 su dieci quando parliamo di coloro che effettuano la profilassi pre-esposizione, dedicata a coloro che frequentano soggetti ad alto rischio o, come nel caso specifico sanno di avere comportamenti ad alto rischio. Il chemsex sembra coinvolgere molti maschi omosessuali, ma non per questo non sono presenti maschi etero e donne durante quei festini folli.

Anzi, uno studio condotto in una clinica di Londra ha dimostrato come il 70% delle persone coinvolte – che avesse una consuetudine con il chemsex – era eterosessuale e per il 63% di etnia caucasica. In uno studio condotto a Dublino per sei settimane nel 2016, è emerso che il 27% degli intervistati aveva praticato chemsex nell’ultimo anno, la metà di questi aveva assunto almeno un paio di droghe durante l’ultimo festino e il 23% aveva perso conoscenza in almeno in un’occasione.

Chemsex: rischi e conseguenze

Chemsex
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Va da sé che perdere il controllo anche per molti giorni presenta una serie di rischi e di conseguenze. Innanzitutto, l’utilizzo massivo di queste sostanze può portare a far emergere problemi psichiatrici latenti. Un altro rischio tangibile nell’immediato è l’overdose, mentre più o meno a lungo termine possono essere contratte malattie sessualmente trasmissibili (diciamo più o meno a lungo termine perché alcune hanno un periodo di incubazione).

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Nello studio irlandese succitato, è emerso che un intervistato su quattro ha dichiarato che il chemsex ha avuto un impatto negativo e disturbante sulle proprie vite, mentre il 31% vorrebbe uscire dalla dipendenza. Le malattie più diffuse tra coloro che praticano chemsex e hanno fatto parte di questo studio sono l’Hiv e la gonorrea.

C’è inoltre una serie di rischi “collaterali” non sottovalutabili, soprattutto in relazione all’HIV, come riporta questo articolo:

  • Con meno inibizioni fisiche è meno probabile che venga usato il preservativo.
  • Si potrebbe non ricordare cosa si è fatto e si è usato il preservativo.
  • I malati di HIV potrebbero dimenticare di prendere i loro farmaci, esponendo così anche il partner al rischio di contrarlo in caso di rapporto non protetto.
  • Potrebbero essere iniettati mefedrone o metanfetamina con aghi condivisi, aumentando il rischio di infezione da HIV ed epatite C.

Chemsex e salute mentale

Un sondaggio più recente condotto in Germania su 1583 uomini omosessuali ha rilevato delle informazioni interessanti rispetto al legame tra chemsex e salute mentale: chi ha utilizzato metanfetamina, mefedrone, GHB da solo o combinato con chetamina prima di una prestazione sessuale nell’arco di un anno è stato analizzato sotto il profilo dei sintomi di depressione, disturbo d’ansia generale e PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress). Fra i partecipanti, ben 1.050 hanno riferito di aver fatti uso di sostanze; il 27% ha dichiarato di aver usato le sostanza sopra elencate. Il gruppo che ha praticato chemsex ha mostrato punteggi medi significativamente più alti per quanto riguarda depressione, ansia e PTSD rispetto al gruppo non chemsex.

Dipendenza da chemsex

Asa Milano ha pensato di avviare una terapia di gruppo per il chemsex, in cui sono presenti uno psicoterapeuta e un chimico farmaceutico. Uno dei fattori che preoccupa è l’uso di un potente oppioide sintetico chiamato fentanyl, che causa overdose e viene utilizzato anche all’interno di altre droghe – all’insaputa del fruitore. Come per tutte le dipendenze, bisogna ricordare che la dipendenza da chemsex potrebbe nascondere dell’altro, per cui varrebbe la pena iniziare un percorso di psicoterapia.

Il rischio di sviluppare dipendenza è altissimo – ha spiegato la psicologa Alessandra Bianchi all’agenzia di stampa – e c’è anche una resistenza a prenderne atto. Un paio di anni fa si era anche tentato di mappare i servizi che si occupassero di chemsex e non c’era niente, adesso qualche Sert fa qualcosa. La fatica è che il modello classico delle tossicodipendenze non sempre funziona.

Chemsex, le esperienze

Chemsex
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1. La storia di Alberto

Le testimonianze sul chemsex riportate su qualche testata presentano spesso nomi di fantasia. Nel marzo 2017, il Corriere ha raccontato, ad esempio di Alberto, un architetto bolognese sieropositivo dal 2010, da quando cioè si è innamorato di un ragazzo che aveva una dipendenza da chemsex.

Per otto mesi, Alberto si è fatto trascinare in queste feste che durano almeno 24 ore, si svolgono in casa oppure in circoli privati con darkroom. Il giovane bolognese ha assistito anche alla reazione avversa di un ragazzo alle sostanze consumate: in quel caso, i buttafuori lo portarono alla sua macchina e lo abbandonarono al suo destino. Non è raro che qui le persone si dedichino al bareback, facendo così sesso anale non protetto, con il rischio di malattie sessualmente trasmissibili.

Dormivo e non dormivo – racconta Alberto di quei mesi – non avevo più fame, non provavo emozioni, mi stavo annullando dentro. […] Ho avuto paura di morire e ho smesso. Ho visto gente collassare, lasciata a dormire in una stanza senza sapere se è viva o morta. […] In questi festini invitano gente abbiente che paga la droga. Metanfetamine, ketamina, GHB, Popper, Viagra. Ogni tanto cocaina.

Chi la porta la infila nei pacchetti di sigarette, nelle mutande, nelle caramelle. Si hanno rapporti sessuali non protetti e quando la serata incomincia a scemare, si chiama altra gente via social per ravvivare l’atmosfera. A fine serata si è stanchi, si diventa irritabili ed è facile che scattino battibecchi. Una volta uno degli invitati mi ha preso a pugni.

2. La storia di Diego

Nel 2016 invece, Vanity Fair ha ascoltato Diego, all’epoca 22enne, che quando aveva 18 anni fu cacciato di casa dal padre. Andò a vivere a Londra, dove i party a base di chemsex sono una realtà molto diffusa. Fu iniziato a questa consuetudine da una ragazza incontrata in discoteca e poi è diventato dipendente dalla metanfetamina, arrivando a perdere addirittura 15 chili, perché era completamente desensibilizzato, si dimenticava perfino di mangiare o di bere. Oggi ne è fuori, ma ha dei ricordi vividi di quel periodo.

Ho visto di tutto – ha spiegato – ricordo che un ragazzo che si credeva un animale, si metteva a quattro zampe, abbaiava. Un’esperienza che mi affascinava e mi spaventava. […] ho cominciato a diventare dipendente dal meth, e per me ogni weekend iniziava il giovedì e finiva la domenica. Usavo anche una droga che faceva venire voglia di fare sesso: il Ghb, la “droga dello stupro”. […] con quel mix di droga provavo pulsioni sessuali pressanti, addirittura verso persone dell’altro sesso, nonostante io sia omosessuale.

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