Le confessioni di un erotomane e i rischi di una relazione malata
La storia di un erotomane come paradigma per comprendere la malattia: ecco di cosa si tratta.
La storia di un erotomane come paradigma per comprendere la malattia: ecco di cosa si tratta.
La psichiatra Carol W. Berman ha riportato su Huffington Post, poco tempo fa, la storia di un paziente affetto da erotomania, o meglio da «disordine schizoaffettivo». La testimonianza è davvero interessante, anche se non è comprensiva di tutte le sfaccettature che la problematica può comportare. In quel caso, l’erotomane si era trasformato nello stalker della sua precedente psicologa, autoconvincendosi che la donna lo amasse, e rafforzando questa convinzione con l’accidentale contatto del piede durante una seduta di psicoterapia. Berman ha spiegato diffusamente come il paziente fosse anche in piena negazione e perseguitasse la sua ex dottoressa recandosi nello studio, inviandole doni, pedinandola anche durante le cene con il fidanzato. Ma di cosa si tratta esattamente?
«Erotomania» viene dal greco e significa letteralmente «amore insano». Nella mitologia dell’antica Grecia esistono molti esempi di questo amore malato: per esempio, il satiro Pan spesso è ritratto nell’atto di inseguire le ninfe che fuggono disperate. Si danno due significati al termine. Uno che è prettamente psicologico e lo vedremo tra poco. L’altro che è letterale e che corrisponde all’ossessione per l’amore fisico. Un po’ come la ninfomania o la satiriasi, o la dipendenza da sesso. Tutte queste patologie sono reali e devono essere diagnosticate da uno psicologo o da uno psichiatra e adeguatamente trattate con la psicanalisi. Non sono argomenti da trattare con leggerezza, come dimostra appunto il caso citato poc’anzi.
L’erotomane in psicologia è colui (o colei) che è convinto dell’amore di qualcuno che neppure conosce bene o non conosce affatto, come un attore del cinema. Quando il presunto innamorato è di condizione sociale più elevata, si parla di sindrome di de Clerambault, dal nome dello psichiatra francese che per primo teorizzò il disturbo negli anni ’20 del XX secolo. Tuttavia, la patologia è nota fin dall’antica Grecia – ecco perché i miti trattano così diffusamente l’argomento.
Il disturbo, dicevamo, è caratterizzato dalla convinzione dell’amore altrui. Nella storia c’è stato anche chi è stato convinto del sentimento da parte di un personaggio famoso – come per esempio Jodie Foster – e che per amore di questo personaggio si dovessero compiere gesti violenti o disperati. In alcuni casi, i pazienti sono convinti di ricevere messaggi in codice dall’amato, come un determinato movimento dietro la finestra, un gesto-tormentone in televisione e così via.
L’erotomane può affrontare tre fasi. La prima prende il nome di «fase della speranza» e, fortunatamente, molti pazienti si fermano qui. L’erotomane si augura che l’amore venga manifestato in qualche modo. Possono seguire la «fase della delusione» e la «fase del rancore», in cui i comportamenti violenti sono in crescendo e possono rivolgersi alla persona amata – nel peggiore dei casi sfociando addirittura in omicidio – o possono essere di tipo autolesionista, dovuti alla depressione che a volte è collegata con l’erotomania.
Naturalmente non è facile neppure per uno psichiatra, se è alle prime armi, come dimostra la testimonianza di cui sopra. E per la quale ci è voluto un medico di più grande esperienza per comprendere di cosa si trattasse. L’erotomane, l’abbiamo già detto, vive quasi sempre nella negazione. È solitamente egocentrico e autoreferenziale, ed esagerato quando parla di prodezze sentimentali. Ma prima di diagnosticare l’erotomania a qualche comunissimo maschio spaccone ricordatevi una cosa: ci vuole un medico che stabilisca l’esistenza del disturbo e che lo tratti con la psicanalisi.
Sì, si può vivere con un erotomane, purché ne sia consapevole e abbia chiesto adeguato aiuto medico. Si tratta però di un caso limite. Nella maggior parte delle volte, chi soffre di erotomania o sindrome di de Clerambault tende a non riconoscere di avere un problema: vive il suo delirio e non c’è altra verità all’infuori di esso. E in alcune fasi, il disturbo può anche diventare molto pericoloso, ossia quando chi ne è affetto diventa violento. Certo, però, qui ci riferiamo all’accezione che il termine ha in psicologia. È chiaro che nel significato comune del termine, vivere con una ninfomane, un satiro o qualcuno che ha una dipendenza da sesso può scatenare delle questioni meramente emotive. Ma mai rappresentare un pericolo per la vita.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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