Che cosa significa essere queer? Il termine è nato come espressione dispregiativa, insulto verso le persone omosessuali, ma ha subito un processo di riappropriazione da parte delle comunità Lgbtqai*, assumendo così una connotazione leggera, fluida e armoniosa.
Adesso questo concetto è stato fatto proprio nella mostra fotografica Queer è ora, inaugurata il 14 febbraio e visitabile fino al 14 marzo negli spazi delle Manifatture Knos di Lecce (ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 23) salvo restrizioni dovute alla diffusione del Coronavirus.
Il progetto fotografico, a cura del Salento Rainbow Film Fest (che si svolge sempre a Lecce dal 7 al 9 maggio con la sua sesta edizione) e Transparent Ets, in collaborazione con Manifatture Knos e Apulia Film Commission, è stato ideato e realizzato dalla fotografa concettuale Alessia Rollo. Sotto l’obiettivo di Rollo, 7 soggetti, più uno generico che rappresentasse un trait d’union del suo progetto, si sono messi a nudo rappresentando Ferite, Fuga, Respiro, Orgoglio, Esagerazione, Elevazione, Esplosione.
Queste sette parole sono i simboli del percorso di ognuno alla scoperta della propria identità (anche di genere), nel tentativo di superare limiti e pregiudizi sociali. I soggetti, che provengono dalla comunità arcobaleno della Puglia, delle foto si sono confrontati proprio con queste sette parole, con sette stati emotivi per descrivere l’essenza dell’animo queer.
La mostra – spiegano gli organizzatori – è un inno alla leggerezza e al benessere: un mosaico di storie che restituisce il senso di pace che riesce a trasmettere la conquista di amarsi come si è. Liberi. Qui e ora.
Le testimonianze della mostra, attraverso le foto e le parole dei soggetti che vi sono ritratti, sono illuminanti. Sono illuminanti perché parlano di coraggio: c’è chi ha affrontato le proprie ferite e abbattuto gli stereotipi sociali, chi ha cercato il proprio coming out come l’aria e chi l’ha affrontato con accanto un genitore orgoglioso, chi continua a cercare la felicità, chi ha superato gli sguardi ostili della gente e chi, infine, ha fatto dell’amore per se stesso una grande esplosione.
Sfogliamo insieme la gallery per scoprire le foto contenute nella mostra Queer è ora e cosa hanno raccontato di loro i modelli per un giorno che vi hanno aderito.
Ferite/Bleeding
Alle ferite bisogna dare ascolto – dice il modello della foto Luigi Lioce – guardarle affacciandosi nello squarcio e infilare un dito, sentire il bruciore amaro e piccante, poi lasciarle lì a testimoniare ciò che è accaduto e andare avanti affinché non diventino una continua giustificazione del nostro malessere ma una spinta in avanti verso la luce. La mia ferita mi appartiene, ma non le voglio più bene. La rispetto ma le giro le spalle, perché ha finito di parlarmi. O io di risponderle.
Fuga/Beyond
Ho inteso questa parola nell’accezione di fuga dalla mia ricerca di schematizzazioni – commenta Alessandro Amato – per giungere alla consapevolezza che non voglio definirmi sessualmente perché non sento di doverlo fare. Voglio esprimermi nel divenire, cogliendo l’attimo: vivere i momenti liberamente senza doverli incasellare o etichettare. Fuga per me vuol dire essere sé stessi, individui capaci di non dipendere dagli schemi sociali.
Respiro/Falling
Ho vissuto sempre in apnea – spiega Irene Tommasi – finché non ho avuto l’urgenza di risalire in superficie e respirare. Avevo una continua fame d’aria, che è andata via via crescendo fino a un provvidenziale colpo al fegato che mi ha avvertito che non stavo respirando più. Ho iniziato a nuotare e a sbracciarmi per liberarmi dallo tsunami intorno a me: piano piano, ma profondamente e inesorabilmente, ho ricominciato a vivere e, addirittura, a sorridere. Leggera.
Orgoglio/Fearless
Essere un adolescente omosessuale negli anni ’90, in un paese del Sud, non è stata una cosa facile – racconta Danilo Lupo – Mi rivelai ai miei, e nei mesi successivi mia mamma non faceva altro che guardarmi. E piangere. Da allora abbiamo fatto molta strada, insieme. Fino al giorno dei miei 30 anni, quando ho ricevuto da lei un biglietto d’auguri: «Non sempre ho capito le tue scelte, ora so che la cosa più importante è che tu sia felice». Un biglietto che conservo con cura. E orgoglio.
Esagerazione/Exploration
Se volessi usare una metafora direi che è come se io fossi un interruttore – dice Luciana Lofino – On/off – acceso/spento. Passo dei momenti di esagerata gioia e positività e altri di profonda tristezza, delusione e angoscia. Nella mia vita le persone mi dipingono come una ragazza che dà forza a tutti, quella che ha sempre il sorriso largo. Effettivamente è ciò che amo fare, ma non tutti sanno che ci sono momenti in cui la sofferenza fisica mi fa sentire al buio dentro e fuori. Durante questi 22 anni mi sono ritrovata a fare la lotta e a crescere in fretta grazie a malattie dai nomi difficili. La parola esagerazione mi appartiene e mi pongo l’obiettivo, per sempre, di essere esageratamente felice e soddisfatta.
Elevazione/Flawless
Mi sento spesso additato e non capito – spiega Andrea Facecchia – una persona mi guarda e non capisce: «Ma questo è maschio o è femmina?». Elevazione per me vuol dire innalzarsi al di sopra del dolore, delle difficoltà, degli sguardi della gente, delle incomprensioni. Ci sono cose che provano in tutti i modi a buttarti giù, ma se riesci a superarle, ti trovi a pensare a quanto sei forte. Mi elevo su un piccolo podio in cui salgo e dico a me stess*: «Io ce l’ho fatta nonostante tutto».
Esplosione/Blast
Da tempo – racconta Francesca “Franz” Andrea di Pietro – mi dedico alla lotta contro il sessismo, cercando parallelamente di fare informazione attraverso l’arte, grazie alla quale sono riuscita a esplodere dopo anni di sofferenza. Esplosione per me è questo cambio radicale nella considerazione che avevo di me stessa, sentendomi orgogliosa di mostrarmi per ciò che sono riuscendo anche a far emergere in me gli infiniti modi di amare. Ama chi vuoi e come vuoi!
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