L’immancabile sigaro stretto tra le labbra, i capelli impomatati all’indietro e quell’aria bonacciona ma vagamente astuta; che piaccia o no lui, ciò che rappresenta, il genere di film grazie a cui è diventato famoso – e che lui ha contribuito a rendere famosi in Italia – Tinto Brass è senza dubbio un’icona nel suo mondo.
Negli anni, davanti alla telecamera del maestro del soft-core all’italiana sono passate moltissimi attrici, alcune lanciate proprio grazie ai suoi film erotici, altre che hanno sperimentato, con lui, una corrente inedita e sicuramente azzardata.
Da Serena Grandi a Claudia Koll, da Anna Galiena a Stefania Sandrelli, molti nomi importanti del cinema italiano hanno recitato nel corso della carriera ultra cinquantennale del regista milanese di nascita, ma veneziano d’adozione, che ha stravolto il cinema italiano mettendo in scena l’erotismo al limite del pornografico, in barba a pudori e moralismi da filosofia benpensante.
E dire che l’erotico non è stato il primo amore di Tinto che, nel 1957, come si legge in un articolo di Nocturno, dopo la laurea in giurisprudenza si trasferisce a Parigi, lavorando per la Cinémathèque française come archivista e proiezionista. Qui Brass ha l’opportunità di confrontarsi con i maestri della Nouvelle Vague, da François Truffaut a Jean-Luc Godard, passando per Jacques Rivette, Claude Chabrol e Éric Rohmer.
L’esordio nelle sale cinematografiche come regista è datato 1963, con Chi lavora è perduto, una critica al lavoro inteso come alienazione che, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, lo fa incontrare per la prima volta con la censura (con cui dovrà combattere per tutta la carriera). In questi anni Tinto dirige interpreti importanti come Silvana Mangano, Monica Vitti, Alberto Sordi – tutti riuniti nel cast de Il disco volante, uscito nel 1964, una storia di extraterrestri in chiave commedia all’italiana – , oppure Gigi Proietti, Giancarlo Giannini, Peter O’Toole, Helen Mirren (Cesonia in Io Caligola del 1979), Helmut Berger, Malcolm McDowell. Si aggiudica persino un premio della critica alla Mostra Internazionale di Venezia con La Vacanza, nel 1971, ma negli anni ’80 il gusto di Brass dirotta verso l’erotico, con film che sono il manifesto della libertà sessuale e della trasgressione. A questo periodo risalgono alcuni dei suoi film più popolari La Chiave, Capriccio, Monella, Miranda, Così fan tutte, Senso ’45.
Come abbiamo sottolineato all’inizio, che piaccia o no il mondo che Tinto Brass rappresenta, non si può negargli di essere riuscito a realizzare gran parte dei sogni erotici degli italiani, solitamente ben nascosti in cassetti chiusi a doppia mandata, e di aver rivoluzionato il concetto di sexy, di “luci rosse” e di emancipazione sessuale, scontrandosi spesso con quello strumento di pruderie che è la censura cinematografica.
E a lui piaceva quel mondo, e beatamente se ne infischiava delle critiche, anche delle femministe, rispondendo a chi lo insultava definendolo maiale, come cita Il Giornale,
Se si intende uno a cui il sesso è piaciuto, piace e piacerà per sempre, mi autodenuncio. Sono un maiale.
Certamente sarebbe alquanto difficile pensare oggi a un Tinto Brass, nell’era del MeToo, del Dissenso Comune e dello scandalo di molestie e attenzioni equivoche che ha travolto il cinema (e non solo) fuori e dentro i nostri confini nazionali; e forse è anche giusto che non ci sia più un Tinto Brass, perché i suoi film sono l’iconografia di un’epoca, di un contesto storico e sociale che è evidentemente diverso da oggi.
E questo gli va riconosciuto, indipendentemente che si pensi che i suoi siano film d’autore o pornografia perversa. Insomma, c’è stato, ci sono stati i suoi film, e benché oggi non si possa più pensare di riproporre un pattern del genere sul grande schermo (le 50 sfumature sono ben lontane, per trama, fotografia e sceneggiatura, dai film di Brass!), ha comunque rappresentato un capitolo importante della cultura cinematografica italiana. Senza contare il fatto che a lui si prestarono le più grandi attrici, alcune rinnegando poi la cosa, altre continuando a difendere la qualità dei suo film e del suo mostrare il sesso, scevro da pudori e per nulla castigato.
Chi sono i volti noti protagonisti dei film storici di Tinto Brass è rivelato nella nostra gallery, che ripercorre in una carrellata tutte le attrici e i film più famosi del regista.
Tina Aumont ne L'Urlo, 1968
Il protagonista maschile era Gigi Proietti. La Aumont è morta nel 2006, a 60 anni.
Anita Sanders, Nerosubianco, 1969
È uno dei primi film in cui Brass inizia a sperimentare con l’erotismo. Anche dell’attrice svedese si sono perse le tracce.
Ingrid Thulin in Salon Kitty, 1975
Nel film ha recitato anche Helmut Berger.
Teresa Ann Savoy in Io, Caligola, nel 1979
Il ruolo della Savoy sarebbe dovuto essere di Maria Schneider, con cui Tinto ebbe una furibonda lite che raccontò a Il Giornale.
La cacciai io dal set di Caligola, l’avevo scelta e corteggiata per mesi dopo Ultimo tango a Parigi. Le proposi la parte, ottenni il suo assenso entusiastico e il primo giorno di riprese – avremmo dovuto girare la scena del funerale di un senatore – la vidi arrivare con la stola che le avevo fatto preparare cucita all’altezza della caviglia. Non mostrava un solo centimetro di pelle. Non capivo. Provai sorpresa e insofferenza: Ma che hai fatto? Lei cominciò una tirata assurda: ‘Non posso mostrare le mie forme, non mi sta bene’. Litigammo per un’ora e poi le indicai la porta. Mai più vista neanche lei. Il film si interruppe per due giorni e poi trovammo Teresa Ann Savoy. L’avevo già avuta in Salon Kitty. Si dimostrò fantastica, anche quella volta.
Stefania Sandrelli, in La Chiave, del 1983
Su di lei, come riporta Il Giornale, Tinto disse:
Non mi piacevano le attrici furbette. Quelle che dicevano sì e poi si ritraevano per non so quale senso del pudore. Io le avrei volute tutte come Stefania Sandrelli, le mie attrici. Durante la prima del film La Chiave, si accendono le luci in sala, mi giro e non la vedo più. Le ha fatto orrore, penso e il giorno dopo apro i giornali con un senso di inquietudine. Ci sono le dichiarazioni di Stefania: ‘Ho imparato a recitare anche con il culo’.
Serena Grandi in Miranda, 1985
A proposito del film, come riporta Libero la Grandi raccontò un aneddoto:
Un giorno mi telefonò [Brass, ndr.] e mi disse ‘La parte è tua’. Io tremavo di emozione, gli risposi ‘Dimmi tutto’, e lui mi raccontò come era andata. Stava passeggiando lungo la riva quando ha dato un calcio a un sasso. Sotto il sasso c’era il pezzo strappato di un giornale, e in quel brandello c’era una mia foto. Tinto si piegò a prenderlo, lo guardò, e decise che sarei stata la protagonista. Fu davvero uno scherzo del destino.
Francesca Dellera in Capriccio, 1987
È stata la musa di Tinto Brass, ma, dopo aver tenuto banco in molti film tra la fine degli anni ’80 e i ’90, grazie alla pelle di luna e alla straordinaria avvenenza, la Dellera si è allontanata dal cinema italiano, preferendo quello francese.
Debora Caprioglio in Paprika, 1991
Debora esordì nel cinema proprio con questo film.
Claudia Koll, Così fan tutte, 1992
Parafrasando una celebre opera di Mozart, Brass lancia Claudia Colacione, in arte Koll, in questo film. Dopo un grande successo soprattutto in televisione, la Koll negli ultimi anni si è avvicinata molto alla fede cattolica e fa soprattutto la missionaria in Africa.
La Koll, come riportato in un articolo, ha dichiarato di essersi pentita di aver lavorato con il regista.
Se potessi, certi errori non vorrei averli commessi. Qualche giornale di recente ha scritto che non mi sono pentita, ma non può essere: certamente lo sono, altrimenti non avrei mai cambiato vita. Il film di Brass non mi ha aiutata: sono rimasta due anni senza lavorare. A un certo punto ero arrivata perfino a pensare di iscrivermi di nuovo a Medicina. Mi aveva ostacolato la carriera. Io sognavo il cinema vero, di Bergman… Feci un grosso errore di valutazione: pensai che mi avrebbe fatta conoscere e invece lo impedì, perché tutti si fermarono al mio corpo, e le uniche chance di lavoro erano dello stesso genere. Così mi fermai per due anni, fino a che Baudo mi chiamò a Sanremo, che mi ha permesso di uscire dall’isolamento.
Katarina Vasilissa, L'uomo che guarda, 1994
L’attrice polacca interpretava Silvia, moglie del protagonista Dodo. Della Vasilissa non si hanno tracce cinematografiche dal 1998.
Cinzia Roccaforte in Fermo posta Tinto Brass, 1995
Dopo essere stata lanciata dal film, l’attrice perugina ha ottenuto alcuni ruoli anche negli Stati Uniti.
Anna Ammirati in Monella, 1998
Ha una formazione teatrale l’attrice partenopea, e soprattutto lì è tornata dopo aver recitato per Brass, anche se è comparsa in fiction e serie tv.
Yuliya Mayarchuk , Tra(sgre)dire, 2000
L’attrice ha recitato nella fiction La Squadra e in altre serie tv di successo. Vive a Napoli e ha avuto una figlia.
Anna Galiena in Senso '45, 2002
Al fianco della bella Anna recitava un giovane Gabriel Garko, nei panni di Helmut Schultz, ufficiale delle SS.
Cosa ne pensi?