Perché il coming out di Guglielmo Scilla/ Willwoosh è il migliore possibile
Guglielmo Scilla ha fatto coming out. O meglio, un non coming out. Ed è stato il migliore mai sentito. Ecco perché.
Guglielmo Scilla ha fatto coming out. O meglio, un non coming out. Ed è stato il migliore mai sentito. Ecco perché.
Senza retorica, senza edulcorazioni capaci di suscitare del facile pietismo, ma anzi schietto, diretto, semplicemente e meravigliosamente… naturale. Il coming out dello youtuber Guglielmo Scilla, in arte Willwoosh, è straordinario proprio perché assolutamente normale, così tanto da sfiorare persino la banalità e da essere considerato un “non coming out”. Ed è meraviglioso per questo. Perché è lontano da quella logica che, non si sa bene per quale motivo, ha imposto che il coming out debba necessariamente essere toccante, emozionante, far nascere qualcosa dentro a chi lo ascolta, a livello emotivo; quasi che fosse una convenzione sociale, una prassi comune, un modo per aggirare l’ipocrisia ancora fortemente imperante e ben diffusa, “Se almeno piangi o ci metti in sottofondo una musica strappalacrime accettiamo di più la tua omosessualità“.
E invece no. Guglielmo, a poche ore dalla partenza per Pechino Express, ha scelto di “rompere gli indugi”, ma non nella maniera canonica, non come la società “richiede” o si aspetta da un omosessuale. Perché è questo il punto, che agli omosessuali sembra sia richiesto almeno lo spettacolo, se proprio vogliono dichiararsi.
Lui lo ha fatto, invece, come se fosse una chiacchierata al bar, tra amici, o durante una cena; perché, in fondo, se agli uomini è concesso ripetere in maniera quasi ossessiva che a loro “piace la figa”, perché anche Guglielmo dovrebbe nascondere quello che piace a lui, che è esattamente l’opposto? E se nessun uomo sente la necessità di avere sotto una soundtrack stile “Love Story” mentre parla dei propri gusti sessuali, perché dovrebbe invece averne bisogno Guglielmo, che in fondo non sta facendo nulla di diverso?
Lo ha fatto, semplicemente, splendidamente, con un elenco di cose che gli piacciono e che non gli piacciono: ecco quindi che, fra quello che è di suo gradimento, compaiono ” le ciliegie, il sushi, il rumore della pioggia, il cazzo, Londra, Dungeons & Dragons”, mentre tra le cose non amate ci sono ” il caldo, le scale, la febbre, i formaggi stagionati, la figa, Charizard, lo spam… e naturalmente i marsupi“.
Pensate che in questo modo Guglielmo/Willwoosh abbia percepito meno su di sé il peso del giudizio della società a cui, irrimediabilmente, si stava esponendo, o che il percorso nel proprio intimo fino alla presa di consapevolezza della propria omosessualità sia stato per lui meno stremante, più leggero e vissuto con maggiore spensieratezza solo perché il suo coming out non è stato caratterizzato da lacrime e abbracci? È proprio se pensate questo che state sbagliando, perché, se si fanno tanti proclami e si sbandiera così caldamente la necessità estrema di vivere, finalmente, la sfera sessuale di tutti, ivi compresa quindi quella omosessuale, in maniera normale, beh, è proprio questo che ci si dovrebbe aspettare da un coming out. Che non sia un coming out. Perché non si dovrebbe neppure avvertire il bisogno di “venire fuori”, come letteralmente suggerisce il termine diventato ormai di uso comune, non si dovrebbe avere niente da dichiarare, da dare in pasto al pubblico. Se ne dovrebbe poter discutere tranquillamente, senza il bisogno di sentirsi “in dovere” di annunciare pubblicamente i propri gusti sessuali, come se ci si dovesse aspettare di poter vivere finalmente la propria vita intima, ma previa autorizzazione.
Nessun uomo fa un coming out per dire che gli piacciono le donne; nessuno dovrebbe farlo se gli piace l’opposto. Ecco perché il “non coming out” di Guglielmo Scilla è indiscutibilmente il migliore, perché è finalmente normale. Non ci sono proclami, non ci sono segni di una scelta sofferta e di un dilemma interiore che lacera, c’è semplicemente un uomo, che si pone al pari degli altri uomini, e fa esattamente ciò che loro farebbero e fanno, parla liberamente di quel che gli piace, anche se gli organi sessuali amati sono esattamente gli opposti.
Siamo una società che accetta, o comunque reputa appena criticabile, che un uomo se ne vada in giro affibbiando voti e stellette per le prestazioni sessuali alle donne con cui è stato, ma poi pretendiamo che gli omosessuali ci regalino salti mortali e scene da film per dichiarare qualcosa che, agli altri, è concesso come “normalità”.
Guglielmo, finalmente, è andato oltre. Oltre quella cortina di finta libertà mentale che, però, chissà perché, chiede sempre il pegno doppio ai gay, oltre quei moralismi mascherati da atteggiamenti di apertura e tolleranza che riaffiorano però ogni volta che si apre la bocca per la sorpresa e si esclama “No, ma davvero lui è gay?”. Sì, Scilla è gay, e allora? A lui piace il pene come ad altri piace la vagina, e se ne si resta scandalizzati è solo perché di strada ne abbiamo ancora tanta da fare, prima che si possa parlare davvero di normalità, nella percezione delle persone.
Perciò grazie, Guglielmo, per la banalità del tuo coming out, che lo ha reso, finalmente, tanto normale.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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