Separazione dei beni: quando è consigliata e cosa accade in caso di decesso

Dopo il matrimonio è meglio optare per comunione o separazione dei beni? Non è vero che una indica fiducia nell'amore per sempre e l'altra no, la questione è decisamente più complessa e dettagliata. Ecco perché bisognerebbe separare i propri beni e cosa succede in caso di morte del coniuge, anche se ex.

Il matrimonio dovrebbe essere un giorno importantissimo nella vita di una persona, dove a trionfare sono solo amore, serenità e complicità fra gli sposi.

A guardare bene come stanno realmente le cose, però, archiviata l’emozione per l’abito bianco, i fiori e la festa l’aspetto pratico della situazione della neo famiglia prende il sopravvento, e lì scatta, inesorabile, la fatidica domanda: meglio la comunione o la separazione dei beni?

Se pensate però che la dicotomia possa essere risolta a una riduzione semplicistica per cui la comunione corrisponde a una visione più romantica del matrimonio, di quelle che credono all’amore per l’eternità, per intenderci, mentre la separazione dei beni equivale più o meno a un intento nemmeno troppo velato di tutelare le rispettive proprietà, secondo una molto più concreta e pessimistica logica del divorzio, vi sbagliate di grosso. Così si rischia solo di appiattire e sottovalutare una questione che in realtà ha sfumature e piani ben più importanti e diversi.

Comunione o separazione dei beni?

separazione dei beni
Fonte: web

Gli Articoli 143 e 147 del Codice Civile, che regolano il matrimonio civile, sanciscono gli oneri economici di entrambi i coniugi nei confronti della famiglia e dei figli. La legge consente agli sposi di scegliere tra i due regimi patrimoniali quello che meglio permetta loro di adempire ai suddetti doveri, scelta che potrà essere effettuata sia in sede di rito civile che di rito del matrimonio cattolico: al termine della cerimonia infatti il sacerdote o l’ufficiale di stato civile annota la decisione presa sull’atto di matrimonio. Se gli sposi non espliciteranno alcuna scelta, dal 20 settembre 1975, per effetto della legge 159, il regime patrimoniale legale della famiglia sarà in automatico la comunione dei beni, come esplicitato dall’articolo del Codice Civile relativo:

Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni, regolata dalla sezione III del presente capo.

La scelta del regime patrimoniale potrà essere modificata solo con atto pubblico di fronte a un notaio, in qualsiasi momento della vita matrimoniale.

Scegliere come regime patrimoniale la comunione dei beni vuol dire che tutti i beni acquistati dopo le nozze sono di proprietà di entrambi i coniugi. In particolare, saranno di proprietà comune:

  • Tutte le proprietà comprate dopo il matrimonio, anche se acquistate separatamente dai due coniugi. Si intende quindi case, terreni, negozi, automobili, fatta eccezione di beni personali.
  • I rendimenti dei beni propri di ciascun coniuge, ad esempio quelli bancari.
  • Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
  • Gli utili e gli incrementi dell’azienda di proprietà di uno dei due precedentemente alle nozze, ma gestita da entrambi dopo il matrimonio.

Quando si parla di separazione dei beni si intende invece quel particolare regime patrimoniale per entrambi i coniugi continuano ad avere, anche dopo le nozze, la titolarità dei beni acquistati durante e prima la vita matrimoniale.
L’articolo 215 del Codice Civile spiega così la separazione dei beni:

I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.

I vantaggi della separazione dei beni

Ovviamente, entrambi i regimi patrimoniali hanno i loro pro e contro. I vantaggi della separazione dei beni riguardano, innanzitutto, in caso di separazione o divorzio, la possibilità di proteggere i propri beni. Anche a livello psicologico la separazione dei beni permette di evitare di dover chiarire ulteriori questioni, che possono inevitabilmente rendere il divorzio: più complesso e doloroso.

Nel caso in cui l’altro coniuge abbia contratto dei debiti o la sua attività fallisca, inoltre, la situazione non ricadrà sui beni di entrambi. Se uno dei due coniugi ha figli da un matrimonio precedente, in caso di morte, con la separazione dei beni, non si rischiano discussioni per l’eredità.

Infine, anche dal punto di vista fiscale, è possibile usufruire di agevolazioni sull’acquisto della prima casa nel caso in cui solo uno dei due coniugi ne abbia già usufruito. Non esistono invece particolari svantaggi riguardo la separazione dei beni. In generale, questo regime patrimoniale viene visto come una mancanza di sfiducia fra i coniugi, ma nella realtà la scelta tra l’uno o l’altro regime dipende esclusivamente dalle necessità della coppia.
È inoltre importante ricordare che, nonostante si scelga il regime patrimoniale di separazione dei beni, i coniugi possono decidere di avere uno o più beni in comuni, ad esempio decidendo di cointestare una proprietà.

E in caso di decesso?

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Fonte: web

In caso di matrimonio, la scelta tra comunione o separazione dei beni non incide sulle regole della successione, regole che, in entrambi i casi, seguono i medesimi principi. La legge configura quattro casistiche precise in caso di decesso di uno dei due coniugi in regime di separazione dei beni. La prima riguarda la

Successione legittima: quando una persona muore senza lasciare testamento si apre la successione legittima, ovvero l’eredità viene spartita fra i membri della famiglia, il coniuge, i discendenti (i figli), gli ascendenti (i genitori), i collaterali (fratelli e sorelle), e agli altri parenti (detti successibili o eredi legittimi), oppure eventualmente allo Stato. Il primo soggetto che viene preso in considerazione è il coniuge del defunto, al quale spetta:

  • la metà del patrimonio se concorre con un solo figlio (l’altra metà spetta al figlio).
  • 1/3 del patrimonio se i figli sono più di uno (gli altri 2/3 spettano in parti uguali ai figli).
  • 2/3 dell’eredità se non ci sono figli ma ascendenti legittimi, fratelli o sorelle (l’altro 1/3 va suddiviso tra i genitori ed i fratelli e sorelle).
  • tutta l’eredità se non ci sono figli, né ascendenti, né fratelli e sorelle.

Esiste poi la fattispecie della successione necessaria, per cui, se una persona muore lasciando testamento, si apre la successione testamentaria secondo le disposizioni dettate dal defunto. La legge tuttavia riserva comunque a favore di determinati soggetti, detti eredi legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), una quota di eredità, detta la “quota di legittima” della quale non possono essere privati. La quota di legittima riservata a favore del coniuge è:

  • la metà del patrimonio se il defunto non lascia figli.
  • 1/3 del patrimonio se con il coniuge concorre un solo figlio.
  • 1/4 del patrimonio se i figli sono più di uno.

Al coniuge non separato, anche quando concorra con altri chiamati, oltre alla quota di eredità, sono comunque riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui beni mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Qualora il coniuge ritenga di essere stato privato, o leso, della sua quota di legittima (per effetto, ad esempio, di donazioni effettuate in vita dal defunto a favore di altri soggetti, legittimari o meno) o dalle disposizioni testamentarie, può far valere in via giudiziale il proprio diritto per l’ottenimento dell’intera quota di legittima a lui spettante, fino alla reintegrazione della stessa.

Ma come funziona la separazione dei beni dopo il matrimonio, in regime di separazione o divorzio?

I diritti del coniuge separato

Nella separazione tra i coniugi, al coniuge (separato, non divorziato) cui non è stata addebitata la separazione con sentenza definitiva, spettano gli stessi diritti successori del coniuge non separato. Al coniuge cui invece è stata addebitata la separazione con sentenza definitiva spetta solo un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del defunto, commisurato alle sostanze ereditarie e alla qualità e al numero degli altri eredi legittimi, e non superiore a quella della prestazione alimentare goduta. Stessa disposizione si applica quando la separazione è stata addebitata a entrambi. Malgrado la separazione, il coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, al TFR e all’indennità di mancato preavviso.

I diritti del coniuge divorziato

Il divorzio scioglie invece del tutto il vincolo matrimoniale e di tutti gli effetti civili nascenti dal matrimonio, compresa quindi la perdita dei diritti successori. Se però la sentenza di divorzio aveva a suo tempo riconosciuto a un coniuge il diritto all’assegno di mantenimento, e il coniuge superstite versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso, può attribuire un assegno periodico a carico dell’eredità; e può farlo tenendo conto dell’importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. Su accordo delle parti la corresponsione dell’assegno può avvenire anche in unica soluzione, per cui l’assegno non spetta più se gli obblighi patrimoniali sono stati soddisfatti in questo modo.

In ogni caso il diritto all’assegno si estingue se il coniuge superstite passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno, anche se, qualora risorga, l’assegno può essere nuovamente attribuito. Alle stesse condizioni all’ex coniuge superstite spetta anche la pensione di reversibilità del coniuge defunto, e il diritto al trattamento di fine rapporto, o una sua quota, maturato prima che sia stata pronunciata la sentenza di divorzio. Se qualora l’ex coniuge defunto fosse stato obbligato, in vita, a versare l’assegno di mantenimento mensile, a favore dell’altro coniuge, gli eredi però non dovranno continuare ad ottemperare a tale obbligo.

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