Storia del non-valore della verginità: strumento di controllo del patriarcato

Il mito della verginità: perché da sempre si fa attenzione esclusivamente alla verginità femminile, e come questo concetto fa parte ancora oggi del controllo della sessualità da parte della società patriarcale.

La verginità è uno dei concetti su cui si dibatte dall’inizio dei tempi. In ogni popolazione, dall’antichità ad oggi, in ogni cultura, la verginità è considerata un tema centrale dell’essere umano. Non solamente dal punto di vista sessuale, nonostante ci si riferisca a questo, ma anche dal punto di vista degli effetti sociali, culturali e psicologici che questo discorso comporta.

Nell’idea comune degli esseri umani, la verginità è la condizione in cui ci si trova prima di avere rapporti sessuali, sia per l’uomo che per la donna. Nella donna la perdita della verginità viene fatta coincidere con il primo rapporto sessuale e la rottura dell‘imene. In realtà, vedremo in seguito come l’idea stessa di perdita della verginità sia un costrutto sociale, e non scientifico.

Nelle leggende metropolitane, questo passaggio è descritto e raccontato in maniera molto traumatica e dolorosa. In realtà non ci sono regole, non esiste un momento giusto o sbagliato per la prima volta, e non ci sarebbero differenze tra la verginità maschile e quella femminile, se millenni di storia non avessero concentrato così tanta attenzione e controllo sui rapporti sessuali delle donne.

Il valore della verginità nella storia

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Come già detto, la verginità ha sempre avuto un valore significativo nella storia dell’uomo. Oggi, grazie a scoperte più chiare e scientifiche, oltre che a fondamenti di pensiero più aperti alla conoscenza, possiamo dire che la verginità sia un costrutto sociale, che ha perso il valore che aveva nel passato. Anche se non ha ancora perso la funzione di controllo del patriarcato. Vediamo come la verginità è stata intesa nella storia.

Verginità ai tempi dei Romani

Già ai tempi dei Romani esistevano leggi e imposizioni relative alla verginità. L’uomo infatti non poteva essere vergine: la verginità maschile mal vista nella società romana, perché l’uomo doveva essere un dominatore. Al contrario, la donna ovviamente aveva l’obbligo di rimanere vergine fino al matrimonio, principalmente come dovere morale.

Si pensava infatti che, se una donna avesse scoperto il sesso prima di sposarsi, sarebbe stata spinta a compiere adulterio una volta trovato un marito. I piaceri del sesso, così come ancora fino a pochi decenni fa, erano un’esclusiva dell’uomo, qualcosa di cui le donne non potevano godere. Tuttavia, la sessualità era vista in maniera pressoché libera, l’amore era celebrato come un sentimento positivo, libero e così anche la passione.

Nell’antica Roma, inoltre, le sacerdotesse che onoravano la dea Vesta, protettrice della casa ma anche della città stessa, dovevano rimanere vergini fino a quando il loro servizio non sarebbe terminato, 30 anni dopo l’iniziazione. Erano considerate le donne più importanti della società e venivano rivestite della stessa autorità e importanza degli uomini. Tutto questo purché mantenessero la loro condizione di vergini: la perdita di questa condizione prevedeva pene enormi, come il rogo.

Gli egizi

Tornando indietro al tempo degli Egizi, la situazione era diversa: pare che non esistesse il valore della verginità, come lo intende invece la società contemporanea. Dal punto di vista sessuale, questa popolazione era molto aperta e libera, ed era lo stesso per uomini e donne. Non ci azzarderemo a dire che ci fosse parità dei sessi, ma sicuramente dal punto di vista del piacere sessuale, erano molto avanti e vicini a un’idea del sesso senza tabù e stereotipi.

La verginità nel Medioevo

Il Medioevo è da sempre considerato uno tra i periodi più bui dell’umanità in Occidente. Tutte le conquiste e le idee all’avanguardia delle popolazioni precedenti sono state cancellate da secoli di tabù e divieti. In realtà, è verso la fine di questo periodo storico e l’inizio dell’età moderna che le punizioni e le leggi diventarono più severi.

Nel Medioevo infatti le “regole” della sessualità derivavano dal Clero, i cui rappresentanti erano i primi a lasciarsi andare ai piaceri del sesso. Riguardo alla verginità, sembra che anche in questo caso non fosse un obbligo, non fosse vista in maniera del tutto negativa, ma solo come la certezza che la donna non fosse incinta prima del matrimonio.

La verginità nei secoli della Società Moderna

Dal Medioevo in poi, la donna ha sempre rappresentato un mezzo primario per la procreazione, che garantisce la discendenza della stirpe. Specialmente nei ranghi più alti della società, nella maggior parte dei Paesi del mondo, la verginità femminile è sempre stata considerata fondamentale. Una donna non vergine destava preoccupazioni, doveva trovare immediatamente marito per placare le voci e le malelingue.

Una donna “illibata” garantiva al marito la certezza di essere padre dei figli che la donna portava in grembo, e di conseguenza di poter usare il suo corpo per assicurarsi la propria eredità. La sessualità, così come la verginità, erano viste molto diversamente tra uomo e donna. Nascono da così lontano tutti i tabù e gli stereotipi relativi a questi temi. Per diversi secoli, dopo il matrimonio era consuetudine controllare le lenzuola per trovare macchie di sangue, che rappresentano la rottura dell’imene, dopo la prima notte di nozze.

Ma non serve andare indietro nel tempo per la pratica di testare la verginità: nel 2021 ha fatto il giro del mondo il video in cui delle donne gitane esaminano l’imene di una promessa sposa con un fazzoletto prima del matrimonio. Lo scandalo è stato enorme, perché ci si è resi conto di come la verginità femminile sia ancora un tema che, non troppo lontano da noi che ci crediamo liberati dai tabù, crea ancora violenza e disparità di genere.

La perdita della verginità

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I nostri nonni, i nostri genitori, e noi stessi siamo stati cresciuti, per quanto riguarda la sessualità, con il concetto di “perdita della verginità“: tutti noi siamo vergini, non abbiamo avuto rapporti sessuali completi, finché non perdiamo la verginità quando facciamo sesso per la prima volta. Questo concetto è stato ritenuto realtà per secoli, e lo è ancora in tantissimi luoghi del mondo, anche in Italia. Ed è servito, così come altre pratiche e credenze diffuse, per controllare la sessualità delle donne.

Se, infatti, in teoria anche gli uomini sono vergini prima di fare sesso, solamente alle donne viene controllata la condizione di verginità. Da millenni si praticano test della verginità, si firmano certificati di verginità, tutt’oggi ci sono medici professionisti che, infilando due dita nella vagina di ragazzine, attesta la presenza e l’elasticità dell’imene. Ma la verginità, con l’imene intatto, non esiste. L’imene è una struttura elastica di tessuto che si trova a pochi cm dall’ingresso della vagina. È formato da pelle ripiegata su se stessa, e solitamente ha uno o più fori al suo interno.

Essendo elastico, è in grado di allargarsi e adattarsi all’ingresso di dita, pene o altri oggetti durante la penetrazione. Difficilmente si rompe in un rapporto sessuale, nemmeno la prima volta. Il sanguinamento del primo rapporto non è la norma, può succedere se la vagina non è lubrificata adeguatamente, per fretta o inesperienza. La maggior parte dei casi di rottura dell’imene deriva da violenza sessuale o dal parto. È necessario ascoltare la scienza, rivedere il concetto di verginità, come qualcosa che non si perde, che non viene buttata o regalata a qualcuno e non si recupererà mai.

La sessualità, i primi rapporti sessuali, devono essere una scoperta, un continuo imparare, conoscere il proprio corpo. Con i tempi e le esigenze personali di ognuno. Non esiste un modo e un momento migliori per avere il primo rapporto, ognuno deve sentire quando è pronto. Purtroppo invece, ancora oggi, la verginità e la sessualità femminili sono presupposti per l’entrata in gioco di stereotipi, bullismo, false credenze e violenze.

Leggende e miti

Abbiamo visto come la verginità, nonostante sia un costrutto sociale e non scientifico, risulti da sempre radicata nella credenza comune. A riguardo sono nati leggende e miti, che hanno aiutato a rendere questo concetto ancora più sacro e di importanza. Ovviamente, si parla sempre di verginità femminile, l’unica da preservare fino al matrimonio.

Il primo e più ingombrante mito l’abbiamo visto, e riguarda la rottura dell’imene e il conseguente sanguinamento. Mito che ha portato gli uomini, per secoli, a mostrare il lenzuolo del letto dopo la prima notte di nozze, che avesse macchie di sangue.

Esistono poi delle leggende che richiamano creature incredibili. Nel Medioevo si credeva che solo una donna vergine potesse domare un unicorno, animale solitamente schivo, a simboleggiare come solo una fanciulla pura potesse dominare i maschi più irruenti.

In Giappone invece, è stato solamente nel 1959 che fu abolita la pratica che vedeva le giovani Geishe vendere la loro verginità come un bene prezioso di grande valore. Il rituale veniva chiamato Mizuage, e dimostrava quanto il mito della verginità fosse forte.

Un’antica credenza azteca impediva invece alle vergini di mangiare il frutto dell’avocado, considerato un cibo altamente erotico che poteva donare una carica e vigore sessuale talmente forte che le vergini non sarebbero state in grado di controllare.

La verginità oggi

La storia, le leggende, le credenze antiche possono dare l’impressione che oggi queste assurdità non esistano più. Ma oggi siamo davvero così liberi dagli stereotipi sulla verginità femminile? Purtroppo la risposta già la sappiamo, ed è no. Ancora tante giovani donne evitano di sottoporsi ad esami di prevenzione per le malattie sessualmente trasmissibili, o anche solo a visite ginecologiche, utili nell’educazione sessuale, per paura che i genitori, le madri stesse, possano scoprire se hanno avuto o meno rapporti.

Una ragazza che ha una vita sessuale attiva è vista ancora oggi in maniera negativa. Allo stesso modo la pressione che le ragazze giovani provano riguardo alla famigerata “perdita della verginità” è ancora forte in tanti casi: devono fare attenzione alla persona giusta con cui farlo, al momento giusto. E se fanno sesso troppo presto, secondo le convinzioni altrui, sono considerate senza speranza. Hanno perso ormai la parte che le rendeva pure e integre.

Questi discorsi, che paiono usciti da conversazioni di almeno 40 anni fa, sono in realtà all’ordine del giorno ancora oggi. Così come sono pratiche ancora diffuse quelle di testare la verginità prima del matrimonio, o semplicemente voler conoscere lo “stato di verginità” delle donne. Tutto ciò è uno dei tanti modi, insieme alle mutilazioni genitali femminili, alle leggi contro gli anticoncezionali gratuiti, contro l’aborto, che il patriarcato utilizza per controllare la sessualità della donna.

La verginità non esiste, non si rompe nessun sacro imene che poi scompare per sempre. Nessuna donna dovrebbe essere costretta a dichiarare se ha avuto rapporti sessuali o meno, né quando o con chi. E non esistono test per scoprirlo: questi sono solo pratiche traumatiche e umilianti. L’unico modo per sapere se una donna non ha avuto rapporti sessuali è chiederglielo: sarà lei a decidere se rispondere o meno. E la sua parola sarà l’unica “prova” necessaria.

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