Il Complesso di Elettra: la sindrome del principe azzurro
Il complesso di Elettra è un fenomeno psicologico che spinge le donne a innamorarsi di uomini simili al padre: ecco cosa c'è da sapere.
Il complesso di Elettra è un fenomeno psicologico che spinge le donne a innamorarsi di uomini simili al padre: ecco cosa c'è da sapere.
Quante volte abbiamo rimproverato un’amica, che si confidava con noi, perché cercava nel partner un’ideale irraggiungibile? Sicuramente tante. Questa situazione potrebbe essere stata indice del complesso di Elettra, non di una semplice fissazione della nostra amica. Il complesso di Elettra è qualcosa che ci colpisce tutte in maniera sana quando siamo bambine, ma che per alcune donne permane in età adulta.
Si tratta di un fenomeno psicologico che la psicanalisi, come accade molte volte, mutua dalla mitologia. Sostanzialmente indica il sentimento di attaccamento che la bambina nutre per il padre e la competizione che si instaura con la madre quando ha tra i 3 e i 6 anni. Il complesso di Elettra viene superato nella maggior parte dei casi, ma si può presentare da adulte se invece non lo si è archiviato.
Secondo la mitologia, Elettra era la figlia di Agamennone e Clitemnestra. La famiglia, nonostante i greci furono vittoriosi, fu in realtà funestata dalla guerra di Troia. Agamennone, infatti, fece sacrificare Ifigenia per ingraziarsi gli dei prima della guerra, lasciando Clitemnestra ad attenderlo, mentre la donna covava sentimenti di vendetta. Al ritorno dalla guerra, Agamennone fu ucciso da Egisto, amante di Clitemnestra, suscitando così il rancore di Elettra, che fece uccidere la madre e il suo amante dal fratello Oreste.
Il complesso di Elettra viene spesso definito come l’omologo femminile del complesso di Edipo. Come Elettra uccide Clitemnestra secondo il mito, Edipo uccide senza riconoscerlo il padre Laio e sposa la madre Giocasta. Nel complesso di Edipo vi è un legame forte e morboso tra un uomo e la propria madre.
Entrambi i complessi indicano la nascita della sessualità negli esseri umani: il primo riferimento per le femminucce è il padre, mentre per i maschietti è la madre.
Il complesso di Elettra consiste di 5 fasi: orale, anale, fallica, latente e genitale. Ogni fase corrisponde allo sviluppo delle zone erogene che poi si conosceranno una volta grandi. La teoria, iniziata da Sigmund Freud a partire dal complesso di Edipo, fu completata da Gustav Jung. In pratica: intorno ai 3 anni, le bimbe scoprono l’esistenza del sesso tra i loro genitori e se ne sentono escluse. Accade anche ai maschietti, ma in maniera differente, tanto che in questi si genera un complesso di castrazione. Le bimbe scoprono che non hanno il pene e decidono di “conquistarlo” attraverso la conquista del padre. Si tratta comunque di una fase passeggera, ma quando si è adulte potrebbe essere ancora presente: ci sono dei sintomi ben precisi che consentono di individuarlo.
Solitamente, le donne che soffrono di un complesso di Elettra irrisolto appaiono incostanti e perfezioniste nelle loro relazioni sentimentali. Questo perché cercano nel proprio uomo una meta tanto perfetta quanto lo è l’idealizzazione del loro padre, il loro punto di riferimento. Per questa ragione il complesso di Elettra viene detto anche la «sindrome del principe azzurro»: si è sempre alla ricerca dell’uomo perfetto, che, naturalmente, non esiste.
Le donne che soffrono del complesso di Elettra, quindi, cambiano spesso partner perché sono costantemente alla ricerca dell’amore ideale o perché non si sentono amate a sufficienza. Inoltre, potrebbero avvertire un bisogno costante di protezione, esattamente come da bambine anelavano la mano del papà.
Il superamento del complesso di Elettra passa per il divano di un professionista: quando la questione è andata troppo avanti è meglio rivolgersi a uno psicologo e non improvvisare gruppi d’ascolto tra le amiche. Si può far tesoro della problematica e intervenire sulle bambine. Se si è genitori e il complesso di Elettra supera i 6 anni, bisogna aiutare la piccola a comprendere che non è esclusa dai processi affettivi in famiglia e che ci sono dei confini che non possono essere superati.
Non è un processo facilissimo, ma ha tutto a che vedere con il modo in cui si educano le bambine: insegnando loro a essere coraggiose e indipendenti, non c’è il pericolo che da grandi desiderino, inconsciamente, essere delle «damsels in distress», per usare un eufemismo.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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