Disforia di genere: sentirsi uomo in un corpo di donna e donna in un corpo d'uomo
Parlare di disforia di genere vuol dire sfatare pregiudizi: ecco che cosa sta cambiando anche e soprattutto in psicologia.
Parlare di disforia di genere vuol dire sfatare pregiudizi: ecco che cosa sta cambiando anche e soprattutto in psicologia.
Il concetto di disforia di genere causa spesso incomprensioni, pregiudizi e luoghi comuni. Fino a pochi anni fa, il pregiudizio esisteva anche sul cosiddetto manuale diagnostico, che ultimamente si sta adeguando alle nuove conoscenze e considerazioni legate anche a una sensibilità più moderna, che ha a che vedere con il rispetto di tutte le persone.
La confusione è generata dal fatto che, troppo spesso, ognuno di noi dà opinioni mediche senza aver adeguatamente studiato. Per cui ci si lancia in affermazioni azzardate perfino su ciò che medicina e legge consentono in Italia o in altri Paesi occidentali – per esempio sulle terapie ormonali che vengono somministrate a bambini o adolescenti che non percepiscono il genere di nascita come il proprio.
È esattamente questo la disforia di genere: la percezione di un genere diverso da quello di nascita. Attenzione, non significa semplicemente che un maschio si riconosca come femmina o viceversa, ma esistono anche altre possibilità, come il genere non binario. In passato, la disforia di genere è stata chiamata anche disturbo dell’identità di genere, ma il nome è stato modificato anche per via del pregiudizio che esso portava con sé.
Abbiamo accennato a una differenza nella definizione: nell’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm), si è passati dalla dicitura disturbo di identità di genere a disforia di genere. In questo modo, come spiega il Centro Medico Sant’Agostino, si cerca di privilegiare l’aspetto del disagio soggettivo, puntando quindi sulla discrepanza tra genere percepito e dato biologico. Sullo stesso manuale, il termine «sesso» viene sostituito da «genere», a sottolineare come non esista solo un’opzione binaria, ma una serie di sfumature tra maschio e femmina.
La diagnosi avviene in maniera diversificata per bambini e adulti: l’unica cosa in comune è che tutti i soggetti vengono osservati per un periodo di tempo minimo di sei mesi. Nel bambini la diagnosi dipende dalla presenza di un forte desiderio di appartenere al sesso opposto, la scelta di travestimenti o di attività tradizionali del sesso opposto all’interno del gioco simbolico, l’avversione per la propria anatomia sessuale, la preferenza per individui del sesso opposto come compagni di gioco. Negli adolescenti e negli adulti, l’avversione si può manifestare anche per i caratteri sessuali secondari e si presenta anche una marcata incongruenza tra genere esperito e dato biologico, appunto.
Dopo la diagnosi, c’è chi sceglie una terapia ormonale o un’operazione per la riassegnazione dell’identità di genere, ma non lo fanno tutti: chi per paura, chi perché vuole aspettare, chi perché semplicemente si sente perfetto così. Quindi non tutti coloro che sono interessati da disforia di genere attraversano una transizione. Per questo molti parlano di sfumature e invitano al rispetto: è molto complicato attribuire un’etichetta a un arcobaleno così ampio.
L’identità sessuale non ha mai nulla a che fare con l’orientamento sessuale. Così come per i cisgender – cioè coloro per cui il genere corrisponde al dato biologico – per cui un uomo o una donna possono innamorarsi o semplicemente provare attrazione per un uomo, una donna o una persona non binaria, anche chi è interessato da disforia di genere può invaghirsi di un altro indipendentemente dal suo sesso.
Analogamente, per transgender e transessuali funziona allo stesso modo: la sessualità non dipende né dal genere con cui si è nati né dal genere di “approdo”. Per capire, una MtF (cioè male to female, ossia chi ha subito un intervento per la riassegnazione del genere femminile) può essere lesbica, perché le piacciono le donne, ma può anche essere etero, bisessuale o tutte le altre possibilità che sono nell’arcobaleno della sessualità umana. Un’ultima precisazione: è bene usare il femminile quando si parla di MtF e il maschile per gli FtM. Per tutte le persone non binarie, l’asterisco va sempre bene e, a ben guardare, con esso non si sbaglia mai.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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