
Giò Stajano, la prima donna trans italiana che si sarebbe fatta suora
Storia e leggenda di Giò Stajano: nipote di un gerarca fascista, prima donna transessuale italiana, scrittrice, attrice e intellettuale. Un vero e proprio mito.

Storia e leggenda di Giò Stajano: nipote di un gerarca fascista, prima donna transessuale italiana, scrittrice, attrice e intellettuale. Un vero e proprio mito.
Giò Stajano è una figura assolutamente affascinante della storia del cinema e del costume italiano. Attrice e giornalista, nacque uomo – con il nome di Gioacchino Stajano Starace – e poi effettuò la transizione diventando donna, con il nome di Maria Gioacchina Stajano Starace contessa Briganti di Panico. La sua storia costituisce un unicum: è stata la prima donna transessuale italiana che proveniva da una famiglia il cui capostipite era un gerarca fascista.
Anzi non un gerarca, ma “il gerarca”: Achille Starace è stato dal 1931 – anno di nascita della nipote Giò Stajano – fino al 1940 il segretario del Partito Fascista, ritenuto a ragione il braccio destro di Benito Mussolini. Ma Giò, a quanto pare, era irriverente fin da piccola: come racconta il documentario su di lei Il “fico” del regime – con la regia di Giovanni Minerba e Ottavio Mario Mai, che fondarono il festival del cinema a tematica Lgbt di Torino Da Sodoma a Hollywood, oggi Lovers – a un anno di età, Giò fece la pipì addosso al Duce mentre questi la teneva in braccio.
Per mio nonno Achille Starace – disse Giò Stajano in un’intervista al Riformista – è stato meglio essere fucilato a Piazzale Loreto che morire sapendo della mia sessualità.
Sono tante le storie, le leggende e i miti di questo personaggio di origine salentina – nacque infatti a Sannicola, in provincia di Lecce, per poi morire ad Alezio in una casa di riposo nel 2011. In queste storie si parla dei suoi libri, delle incursioni con i paparazzi, ma anche dell’ultima parte della sua vita, quando Giò Stajano sperò di riuscire a diventare una suora. Lo racconta Vladimir Luxuria sul suo blog:
Tutto accadde per un accordo che fece con un giornalista per fare uno scoop, riuscì a intrufolarsi tra le monache del Sacro Cuore in Piemonte: ‘Mi misi d’accordo con il giornalista. Quando ci sarebbe stata la consacrazione a Dio, l’obiettivo del fotografo avrebbe fissato il momento per la storia di copertina. Solo che quella volta la roba fu seria. Puoi prendere in giro il mondo, ma non Dio. Rivelai alla Madre Superiora l’inganno, ma lei non si arrabbiò, anzi disse che, se divulgata, la mia storia sarebbe stata di esempio agli altri’.
Come nota Luxuria, non sarebbe stato comunque possibile per Giò Stajano consacrarsi: la Chiesa Cattolica percepisce come peccato il cambiamento di sesso e inoltre accetta solo il sesso di nascita, quindi Giò non sarebbe mai potuta diventare una suora. In questa gallery ripercorriamo l’esistenza di questa donna straordinaria, raffinata come poche e al tempo stesso eccessiva, che contribuì a quella che oggi è la nostra sensibilità, la sensibilità contemporanea, verso l’universo Lgbt.
Di solito si nasce una volta soltanto nel corso della stessa esistenza – dice Giò Stajano ne Il “fico” del regime – tralasciando di considerare altre ed eventuali reincarnazioni. Io invece sono nata due volte, la prima volta qui a Sannicola nel dicembre 1931 come uomo, la seconda volta invece sono nata a Casablanca nel dicembre 1981 e questa volta come donna.
Ne Il “fico” del regime, c’è una scena finale decisamente iconica: Giò Stajano fa il bagno nella fontana del paese natio Sannicola in abito da sera. Si tratta di una fontana in stile fascista donata dall’Acquedotto Pugliese al nonno Achille Starace nel 1931, quando il Salento fu allacciato alla rete idrica.
La scena girata da Minerba e Mai è una citazione. Giò Stajano fu paparazzata a fare il bagno nella Fontana della Barcaccia a Roma (è all’estrema destra nello scatto) – e si dice che da questo episodio Federico Fellini si ispirò per la scena del bagno di Anita Ekberg nella fontana di Trevi all’interno de La dolce vita. Ma il legame tra Fellini e Stajano non si esaurisce qui.
Giò Stajano non è accreditata ne La dolce vita pur essendo presente in una scena. Spiega lei stessa la questione, sempre ne Il “fico del regime”: Fellini era alla ricerca di un omosessuale che facesse ridere, ma Stajano non era il tipo, «perché era normale» dice lei stessa. Così le fece girare una scena, ma poi la sostituì con un altro attore che le assomigliasse un po’.
Giò Stajano lascia Sannicola negli anni ’50 e giunge dapprima a Firenze e poi a Roma, dove inizia a esporre in via Margutta e a girare i primi film. A Roma conobbe Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Alberto Moravia e molti altri intellettuali del tempo. Tra le varie pellicole che ha girato, Stajano recita accanto ad attori del calibro di Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e Cochi Ponzoni. (Qui in foto con Moravia e Carmen Llera).
Curò una rubrica di piccola posta chiamata Il salotto di Oscar W. e collaborò con varie testate, tra cui Men, Momento Sera e Stop. E Lo Specchio che la mandava a seguire eventi mondani con un fotografo: Giò Stajano faceva le foto accanto a politici spesso ignari di chi fosse (uno di questi fu Giulio Andreotti). Tra i suoi scritti, il romanzo Roma Capovolta, in cui raccontò i vizi della Capitale. E poi ancora Meglio l’uovo oggi e Roma erotica. Nonostante sia sempre stata ritenuta un’attenta e raffinata critica della società italiana, ne Il “fico” del regime afferma:
Non mi ritengo una donna di lettere, più di cartoline al massimo qualche telegramma.
Luxuria racconta sul suo blog che all’epoca della propria elezione con la sinistra, qualcuno suggerì alla destra di candidare Stajano – che però non è mai stata interessata alla politica in senso stretto, anche se il modo in cui si è comportata in tutta la sua vita è stato fortemente politico. L’ex deputata racconta anche che Giorgio Almirante fece il baciamano a Stajano, in onore alle sue “origini fasciste”. Un vero e proprio omaggio ad Achille Starace. Linkiesta racconta come la fanciullezza nella famiglia Starace abbia comportato conseguentemente un’infanzia fascista, attraverso le parole della stessa Stajano:
Sono stato un Giovane Figlio della Lupa, Balilla, poi Avanguardista fino all’inizio della guerra. Mi facevano avanzare di anno in anno anche se non avevo l’età richiesta, ma dal momento che ero il nipote prediletto del Segretario del Partito.
Nel 1961 scoppiò uno scandalo che portò a un’inchiesta giudiziaria sulla pedofilia in ambienti altolocati bresciani (Balletti Verdi): Giò Stajano fu consulente per i magistrati. Dopo il 1981, con il cambio di sesso, Giò raccontò provocatoriamente questo, come riporta Linkiesta:
Ero finalmente pronta a scatenare la mia rivincita su tutti i maschi dell’universo. Iniziò così il periodo più dissennato della mia vita: prostituta d’alto bordo e pornostar. Una vita riprovevole, che allora mi sembrava il massimo della femminilità.
Oltre all’operazione di cambiamento di sesso, Giò Stajano fu interessata anche dalla chirurgia facciale. Ma fu il cambio di sesso a cambiarle la vita, anche e soprattutto in famiglia. Linkiesta spiega che, sebbene da giovanissima la sua identità non fu compresa e avversata, tutto migliorò quando “rinacque” donna:
Per la mia famiglia fu quasi un sollievo – raccontò – non ero più l’ambiguo personaggio ‘irregolare’. Mia madre mi chiamò per la prima volta ‘figlia mia’.
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