«Noi combaciamo» dice Julie Delpy in Killing Zoe, riferendosi alla compenetrazione emotiva con il partner appena conosciuto. C’è però chi, da tempo immemore, ha teorizzato il modo in cui uomini e donne “combaciano” dal punto di vista fisico e sessuale: ci riferiamo al Kamasutra, in cui uomini e donne vengono classificati rispettivamente come lepre, toro, cavallo e cerva, cavalla, elefantessa.

Nel Kamasutra, donne e uomini vengono abbinati secondo questa classificazione. Ma oggi qualcosa è cambiato. Esiste un modo per fa sì che i propri genitali combacino anatomicamente con quelli del partner: si chiama genital matchmaking.

Genital matchmaking: cosa significa?

Genital matchmaking
Fonte: Pixabay

Il termine anglofono significa letteralmente «abbinamento genitale» e si riferisce, come riporta Cosmopolitan, a ottenere, attraverso pratiche chirurgiche e non, che i propri genitali e quelli del partner si adattino reciprocamente, in modo da riscontrare durante i rapporti un attrito ottimale e quindi dei fantastici orgasmi. O quasi: perché, come vedremo, questa pratica presenta una serie di obiezioni filosofiche da prendere in considerazione.

In cosa consiste il genital matchmaking?

Per chi possiede il pene: l’organo viene ingrandito attraverso un filler o il grasso corporeo, in una specie di pratica chirurgica simile alla lipostruttura. Per chi possiede una vagina, si effettua una sorta di “irrigidimento” vaginale non chirurgico, in modo da evitare la perdita di elasticità della vagina.

Queste appena descritte sono le pratiche chirurgiche, mentre quando si opta per strumenti non chirurgici, la vagina viene stretta il più possibile (per esempio con topici che ne ripristinano l’elasticità o esercizi di Kegel). Ovviamente questo può non bastare e allora il pene del partner viene ingrandito contestualmente con il filler o con il proprio grasso corporeo (previa piccolissima liposuzione).

Genital matchmaking: chi vi ricorre?

Genital matchmaking
Fonte: Pixabay

Solitamente, chi ricorre al genital machmaking sono coppie di mezza età che hanno deciso di non avere più figli o che sanno che non ne avranno per qualche motivo (perché, per esempio, hanno effettuato legatura delle tube/vasectomia oppure perché i partner sono sopravvissuti a una malattia che ha inficiato la loro capacità riproduttiva).

All’interno di queste coppie, spesso sono presenti donne sulla quarantina che sentono la propria vagina meno elastica, in particolare dopo uno o più parti naturali. C’è però da aggiungere che a ricorrere a questa pratica ci sono anche persone che lavorano con i loro genitali, come uomini spogliarellisti che chiedono un ingrandimento del pene, e che quindi mirano a un proprio cambiamento estetico più che all’abbinamento genitale con il partner.

Perché il genital matchmaking è un problema

Il genital matchmaking parte da presupposti imprecisi, e cioè che l’eteronormatività sia l’unico modello di coppia possibile e che il sesso penetrativo sia il solo possibile o comunque il più appagante. C’è poi da dire che l’attrito genitale, all’interno della coppia dedita a rapporti sessuali penetrativi, si può migliorare anche solo con piccoli accorgimenti, come un lubrificante dedicato, i preservativi stimolanti (quelli con la superficie a rilievo per capirci) oppure l’utilizzo di un anello fallico.

Inoltre, non è come se parlassimo di DNA, denti o impronte digitali, ma i genitali di ognuno sono unici e individuali: vogliamo davvero conformarci a uno standard (che potrebbe essere irrealizzabile, come tutto ciò che attiene all’“ideale” di immagine corporea), rinunciare alla nostra unicità e individualità?

Infine, una delle ragioni per cui alcuni sollevano il sopracciglio in relazione al genital matchmaking ha a che vedere con il fatto che le componenti del piacere sessuale siano molto più complesse rispetto a concetti semplici come dimensione e forma dei genitali. Il piacere non è solo una questione fisica, ma più che altro è una questione mentale che riguarda il concetto di desiderio.

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