"Quando ho accettato di fare sesso per la prima volta invece di dire di no"

"Questa storia non è successa. O forse sì . È successa a me, o forse no. È successa ad un'amica, è successa a qualcun altro, o forse non è successa a nessuno". Questa è la storia di una prima volta in cui è stato detto un sì invece di un no e di quello che è successo poi.

Questa è la storia di C., che ha scritto a Roba da Donne una mail lapidaria:

Ciao, volevo semplicemente inviarvi una storia che ho scritto, la trovate qui di seguito.

Non aggiunge altro C, non chiede nulla, non dice di più. Del resto, forse, non c’è nulla da aggiungere. È tutto già scritto in questo racconto – di finzione o tratto da una storia vera, chi lo sa -, in cui il tema della violenza, che di fatto violenza non è, si intreccia con quello della verginità, dell’inesperienza e, soprattutto, della mancanza di amore per se stessi.

È una storia di “no” che si trasformano in “sì” solo perché ci vergogniamo a pronunciarli o per non perdere chi, dall’altra parte, un no non lo accetterebbe e sta con noi solo per quel sì con cui gli abbiamo concesso il nostro corpo e, magari, anche la nostra anima. Ma quest’ultima non era richiesta, bastava il primo.

Attenzione, in questi tempi in cui si ridefiniscono i confini tra violenza e consenso, non facciamo confusione: questa non è la storia di una violenza sessuale. Pensarlo o cavalcare la retorica della violenza ad ogni costo, non serve a nessuno: non all’uomo, che non è per forza predatore, non alla donna, che non è per forza vittima.

Abbandoniamo stereotipi e leggiamo questa storia di C. o di chissà chi altro per quello che è: la storia di una ragazza che, per mettere a tacere le paure di un’infanzia da poco abbandonata, accetta un gioco cui spesso anche donne più adulte non sanno giocare, in cui il sesso si decide a tavolino, è impulso fisico senza bisogno di nobilitazioni né tanto meno di amore, incontro tra corpi al netto delle emozioni, che non solo non sono richieste, ma sono ingombranti.

Di chiunque sia questa storia è una storia che riguarda tante donne, soprattutto adolescenti, che dicono per la paura che un no le tagli fuori da quell’età adulta o da quel sogno di amore adulto idealizzato, che non vogliono più aspettare.

Capiremo poi che a renderci grandi, spesso, non sono i “sì” che pensiamo coraggiosi, ma i “no”, che lo sono insospettabilmente molto di più, perché non temono lo scherno o l’abbandono di chi quei no li giudica come manifestazioni di insicurezza e non per quello che sono, ovvero la risoluta affermazione di ciò che siamo e che vogliamo, al di là di quello che gli altri si aspettano da noi.

Ci sono persone, uomini e donne, che questi no non imparano a dirli mai.

Segue la storia di C., originariamente pubblicata sul suo blog:

Questa storia non è successa. O forse sì . È successa a me, o forse no. È successa ad un’amica, è successa a qualcun altro, o forse non è successa a nessuno.

Questa storia inizia come milioni di altre storie. Vi trovate una sera. Vi conoscete già, in modo amichevole, senza nessun altro fine. Ma quella sera è diversa. La situazione intorno a voi è diversa. Iniziate a parlate di altro, quella sera, andate oltre le solite chiacchiere di circostanza.

Ammettiamolo; a te un po’ piace. Ti ha sempre stuzzicato, lo hai sempre visto come un qualcuno di irraggiungibile. Ma quella sera no. Quella sera non è irraggiungibile. Vi ritrovate a parlare, circondati da tanta gente, ma voi due da soli. Avete un po’ bevuto. Niente che non vi permetta di non avere il controllo della situazione, solo quel poco che vi permette di lasciare indietro qualche freno, per una volta.

Parlate, vi stuzzicate, nessuno di due si sbilancia troppo. Poi tornate a casa, ognuno per sé. Ma quella sera non era scritta per finire in quel modo. Vi sentite poco dopo, appena arrivati a casa, e vi trovate di nuovo. Siete nella sua macchina, adesso. E succede.

Non lo sai se lo vuoi davvero, non hai nessuna esperienza in merito, nessun termine di paragone. Dici che lo vuoi. In realtà credi di volerlo davvero. Credi anche che ti vada bene stare con lui quella notte e non vederlo più. Lui te lo chiede, se per te è ok questa situazione, e tu dici sì. Lo dici credendoci davvero, non perché se dici no poi non succede niente.

Adesso, col famoso senno di poi, sai che la risposta sarebbe stata NO. Ma quella sera è diversa. E quindi succede. E a te piace. O forse no. Non lo sai di preciso. Sai che ti fa male, ma dicono tutti che è normale. Lo lasci fare. Forse troppo. Ma non lo fermi. Si ferma da solo, quando ha finito. E ti chiede se pensi che sia possibile tenere questa cosa per te. E tu dici di sì . Sapendo che non sarà mai vero, e forse lo sa anche lui, ma lo dici comunque.

La mattina dopo provi a mandarglielo, almeno un messaggio, e ti senti rispondere senza troppi giri di parole che avevate bevuto troppo e che forse avete sbagliato. Bene, lo sapevi. Eppure, a dispetto di tutta la tua buona volontà, inizi a volerlo di nuovo. Fingi di ignorarlo, ma ti sei presa una bella cotta. Piccola ragazza inesperta.

Ascolti canzoni, speri di vederlo, fingi di sbagliare a mandare messaggi così che arrivino a lui. Lui che, come ti aveva detto chiaramente, non ci sta. Provi a fartene una ragione. Sei orgogliosa. Sai che puoi e devi andare avanti. E vai avanti. Ma ti rimane qualcosa dentro, dici a te stessa che quella notte sei stata bene, benissimo, e che vuoi riprovare quella magia. Sempre con il famoso senno di poi, imparai che quella notte non è stata affatto una magia, tutt’altro.

Comunque. Inspiegabilmente, un po’ di tempo dopo, diverso tempo dopo, succede di nuovo. Vi trovate ancora, diciamo che questa volta il destino lo hai spinto un po’ tu, e siete di nuovo soli, in quella macchina. Questa volta niente convenevoli, ti chiede se ti va e tu dici di nuovo sì. Perché lo vuoi davvero in realtà, perché per un anno intero hai aspettato questo momento. Lo hai idealizzato completamente, piccola ragazza inesperta.

Questa volta lui è diverso, più meccanico, più sgarbato, più insistente. Ma, ancora una volta, tu non lo respingi del tutto. Gli permetti di fare cose che in realtà non ti andrebbero. Non lo sai ancora che quello che hai permesso di fare a lui ti terrà bloccata completamente, in un futuro non troppo lontano. Dopo che ha finito, di nuovo ognuno per la sua strada.

Questa volta non c’ è neanche stato quel momento bello e magico che ti ricordavi. È stato triste, e meccanico, e brutto. Poi è finita davvero. Quello non è più successo. Tu piano piano hai iniziato a odiarlo, con tutto il fiato che avevi in corpo, e ancora aggi, a distanza di anni, preferisci non vederlo.

Tu hai conosciuto un’altra persona. Che ti ama. Che ti fa sentire accettata e desiderata. E ti sei resa conto che da quel lui che avevi idealizzato così tanto ti sei fatta solo usare. Come una scarpa vecchia, come un vestito abbandonato, come un libro finito e lasciato lì, in mezzo a tutti gli altri. Succede. Spesso. Ma a te è rimasto qualcosa dentro.

Adesso lo dici più spesso, di no, ma lo dici forse alla persona sbagliata. Lo dici alla persona che non lo meriterebbe neanche un po’.  Lo dici a quella persona che ti ama e che ami, ma con cui troppo spesso non riesci a lasciarti andare. E vorresti lasciarti andare. All’inizio pensavi che fosse timidezza, che certe cose non facessero parte del tuo carattere. Magari è davvero così.

Ma poi a volte pensi che quell’esserti fatta solo usare ti sia rimasto addosso più di quanto tu non riesca ad ammettere. Più di quanto tu non voglia. Avresti dovuto dire di no? Avresti dovuto fermarlo? Lui avrebbe dovuto capire? Avrebbe dovuto dare più ascolto a ciò che non gli ha detto, piuttosto che al tuo sì? Avrebbe dovuto sapere che a volte contano più le cose che non diciamo, o che non diciamo a parole? È una linea stretta, questa. È un confine molto labile.

Questa è una storia in cui forse non c’è un colpevole. Tu non hai detto no, e a tua discolpa puoi solo dire che non sapevi a cosa stessi andando incontro. A sua discolpa, forse, c’è da dire che tu non lo hai fermato, anche se sapeva che per te quello era un mondo nuovo, di cui non conoscevi assolutamente niente. Non ci sono colpevoli, in questa storia che forse è successa o forse no. Ma forse una cosa da imparare c’è.

Impariamo a dire no quando non siamo pronte. Impariamo a dire no quando non siamo sicure. Non sempre, perché a volte è bello perdere i freni e lasciarsi andare. Ma forse a volte dovremmo pensarci di più, prima di dire sì. Perché un sì detto senza essere convinte, o un sì  inconsapevole, può lasciare strascichi pesanti da allontanare per sempre.

Impariamo a farci accettare per quello che siamo. Impariamo ad accettare gli altri per quello che sono. Senza idealizzarli, senza metterli su nessun piedistallo, perché così facendo spesso ci facciamo solo male, e finiamo con l’accettare cose di cui poi potremmo pentirci. Impariamo che chi ci ama ci ama comunque, anche se non siamo pronte. Chi ci ama non ci metterà pressione, non ci spingerà a fare qualcosa che non vogliamo.  Chi ci ama ci vorrà felici, e libere di scegliere.

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