Sexbot, cosa sono e cosa sanno fare i robot sessuali
I sexbot preoccupano gli studiosi e non solo sul piano etico: ecco che cosa sono, cosa fanno e la portata del fenomeno in una prospettiva futura.
I sexbot preoccupano gli studiosi e non solo sul piano etico: ecco che cosa sono, cosa fanno e la portata del fenomeno in una prospettiva futura.
Niente più bambole gonfiabili: si diffondono sempre più i sexbot. Si tratta di robot sessuali molto realistici che possono essere acquistati – per un prezzo che va indicativamente tra i 700 e i 2000 dollari – o possono essere “usati” in alcuni locali molto speciali. Per esempio, a Torino c’è LumiDolls, già presente in Spagna (con le sue prime filiali), a Parigi e a Mosca.
Qui i prezzi variano dalle 80 euro per mezz’ora di esperienza con queste bambole accurate, snodabili e resistenti all’acqua, realizzate in elastomero termoplastico, alle 180 euro per due ore. Sono disponibili 7 modelli femminili – Kate, Naomi, Eva, Arisa, Bianca, Molly e Ilary – e uno maschile – Alessandro. Il fenomeno non è però solo circoscritto a un locale o alla sua catena, ma è di portata mondiale e alcuni sollevano anche delle perplessità per il futuro.
Avete presente quello che accade all’inizio di Rocky Horror Picture Show? Uno scienziato crea l’amante perfetto, dandogli il nome di Rocky, appunto. I sexbot seguono quella filosofia: riprodurre l’amante perfetto, che abbia le caratteristiche che ciascuno desidera. Non a caso, uno dei primi robot sessuali immessi sul mercato, al corso di 6900 sterline, è stato chiamato appunto Rocky dalla True Companion, l’azienda che li ha realizzati. Accanto a Rocky è stata realizzata una prima versione femminile, Roxxxy. I modelli sono personalizzabili anatomicamente in ogni dettaglio.
Il DailyStar ha invece raccontato capillarmente l’esperienza dell’azienda Realbotix e del suo fondatore Matt McMullen. Nel 2018, l’uomo ha annunciato che, accanto ai robot femminili – dal costo tra 12mila e 15mila euro – avrebbe creato anche un modello maschile, il cui pene bionico sarebbe stato meglio di qualunque vibratore.
I sexbot sono fondamentalmente programmati per fare sesso, con le modalità, le posizioni e le opzioni scelte dal loro partner umano. La succitata Roxxxy ha perfino un cuore che batte, come riporta Metro, un sistema circolatorio e una personalità, che può essere modificata in base alle preferenze. Un altro modello di robot sessuale si chiama Harmony ed è in grado di recitare poesie, ricorda le preferenze del partner su cibo e musica ed è programmata per avere senso dell’umorismo ed essere affascinante. Sempre secondo Metro, dispone di 42 modelli diversi di capezzoli e la sua personalità può diventare perfino gelosa o frigida – inoltre si può aggiungere un pene se si vuole che il suo genere sia non binario.
Uno dei modelli più interessanti è Samantha. Il robot in questione risponde ai baci, ha un orgasmo quando si tocca il suo punto G – e anzi le viene il mal di testa se non la si fa godere. Come riporta TheConversation, un ulteriore modello si chiama Emma: parla, dà caldi abbracci e può sentire i sentimenti del partner. In pratica, accanto alle prestazioni sessuali, questi robot si pongono quasi come dei compagni di vita, il che solleva delle perplessità non indifferenti tra gli studiosi, anche se in effetti non si ventila un futuro à la Blade Runner.
Un primo input sull’opportunità della diffusione dei robot sessuali giunge da Noel Sharkey, docente di robotica dell’Università di Sheffield. Secondo l’esperto, sono in gioco i rapporti umani e si augura che esista o esisterà in futuro una soglia d’età sotto la quale i sexbot non possano essere acquistati o utilizzati: i giovanissimi potrebbero arrivare a perdere la verginità attraverso di essi, con le conseguenti ansie da prestazione nel momento in cui si troverebbero davanti a un altro essere umano, per avere un rapporto in maniera decisamente più tradizionale.
L’esperto di intelligenza artificiale David Levy rincara le preoccupazioni di Sharkey: le persone potrebbero sentirsi talmente a proprio agio con i robot da rendere sempre più rare le relazioni umane e i rapporti tra persona e persona.
Il futurologo Ian Pearson, stando a quanto riporta Wired, ritiene che le donne, entro il 2025, avranno più rapporti con robot che con esseri umani – mentre per gli uomini si dovrà attendere il 2050.
Inoltre, uno studio pubblicato su Bmj Sexual & Reproductive Health, realizzato dagli scienziati dei St. George’s University Hospitals e del King’s College London ha rivisto le ricerche di settore, soffermandosi su alcuni punti: i sexbot non dovrebbero essere usati per il momento nella pratica medica – come risolvere disfunzioni sessuali – poiché ancora non esistono dati in merito. Inoltre, sempre per la stessa ragione, ossia la debolezza dei dati finora raccolti, i robot sessuali che somigliano ai bambini non dovrebbero essere utilizzati per le terapie anti-pedofilia.
Infine, ultimo dilemma, ma non di natura etica, è il ruolo della privacy in tutto questo. I robot sessuali sono a tutti gli effetti computer e questo significa che di tanto in tanto hanno bisogno di aggiornamenti, venendo così esposti alla possibilità di essere hackerati e quindi diffondere dati sensibili.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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