Da anni c’è un dibattito che va avanti in Italia ma che poi, arrivati al punto di svolta, sembra “magicamente” arenarsi. Parliamo del progetto per l’istituzione dell’assistente sessuale, figura già presente in molti Paesi europei, che dovrebbe garantire alle persone con disabilità gli strumenti e i mezzi necessari per soddisfare le proprie esigenze sessuali.

Regolamentare questa figura sarebbe un importantissimo segno di civiltà, perché significherebbe riconoscere finalmente il diritto alle persone con disabilità di poter avere una propria sfera sessuale, e allontanare così dall’immaginario collettivo l’idea che queste siano prive di pulsioni o desiderio sessuale solo in virtù della propria condizione.

Cosa fa l’assistente sessuale?

La formazione di un assistente sessuale comprende delle conoscenze in ambito medico, giuridico, sociale, sessuologico e etico; per dirla in poche parole, parliamo della persona che assiste, appunto, le esigenze sessuale delle persone con una disabilità mentale o fisica, cercando di aiutarli a capire – e a soddisfare – i loro bisogni; nel caso di disabilità mentali, invece, il discorso diventa più ampio, allargandosi anche alla ricerca di strategie che, generalmente, possono comprendere anche il confronto con i genitori.

Sarebbe estremamente sbagliato confondere il ruolo dell’assistente sessuale con quello di un* prostitut*, dato che l’azione di questa figura si svolge in un raggio decisamente più ampio, che comprende anche l’assistenza all’emotività, all’affettività; leggiamo dal sito di Lovegiver, l’associazione italiana che da anni si batte per il riconoscimento, nel nostro Paese, dell’assistente sessuale, e che organizza corsi proprio per le persone che desiderano diventarlo (approfondiremo il suo ruolo più avanti).

L’assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità si caratterizza con la libertà di scelta da parte degli esseri umani di vivere e condividere la propria esperienza erotico-sessuale a prescindere dalle difficoltà riscontrate nell’esperienza di vita.

L’O.E.A.S. è un operatore professionale (uomo o donna) con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali ‘sane’ (importanza di una selezione accurata degli aspiranti O.E.A.S.).

Attraverso la sua professionalità supporta le persone diversamente abili a sperimentare l’erotismo e la sessualità. Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Gli incontri, infatti, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica.

[…] L’O.E.A.S. in base alla propria formazione, sensibilità e disponibilità può contribuire a far riscoprire tre dimensioni dell’educazione sessuale:

  • Ludica: scoprire il proprio corpo.
  • Relazionale: scoprire il corpo dell’altro.
  • Etica: scoprire il valore della corporeità.

Assistenza sessuale alle persone con disabilità in Italia

Come detto, nel nostro Paese si discute da tempo circa l’opportunità di istituire una vera e propria assistenza sessuale alle persone con disabilità, mentre in Germania, Olanda, Danimarca, Svizzera e Austria gli assistenti sessuali operano già da circa 30 anni.

Un primo passo significativo sembrava essere stato fatto, con il disegno di legge dal titolo Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità, presentato  il 9 aprile del 2014 e assegnato alla dodicesima Commissione permanente – Igiene e sanità –, dai senatori Lo Giudice, Cirinnà, Pezzopane, Manconi, Maran, Mastrangeli, D’Adda, Guerra, Ichino, Mattesini, Puppato, Ricchiuti, Sonego, Spillabotte, Valentini, Bencini e Romani. Nel ddl si legge:

I diritti sessuali sono oggi considerati diritti umani, la cui violazione costituisce violazione dei diritti all’uguaglianza, alla non discriminazione, alla dignità e alla salute.

Questo principio va adattato alle diverse necessità e alle differenti condizioni che le persone affrontano nella loro vita. Con la sentenza n. 561 del 18 dicembre 1987 la Corte costituzionale ha precisato che «Essendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’articolo 2 Cost. impone di garantire».

Ogni persona dovrebbe quindi avere la possibilità, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità, di compiere scelte informate e responsabili riguardo alla propria salute sessuale e di disporre di opportunità e di mezzi adeguati a compiere tali scelte.

Molte persone in condizione di disabilità non possono autonomamente intrattenere relazioni interpersonali complete sotto il profilo psicoaffettivo, emotivo e sessuale poiché impedite da una condizione di ridotta autosufficienza a livello di mobilità e motilità o a causa di un aspetto fisico lontano dai modelli estetici dominanti e ritenuti attraenti. In certi casi si aggiunge l’impossibilità di pervenire autonomamente a soddisfacenti pratiche di autoerotismo. Nel disabile psichico la difficoltà a vivere la sfera dell’intimità e della sessualità alimenta la perdita di autonomia. Queste situazioni possono produrre uno stato di emarginazione affettiva e relazionale. Si aggiunga a queste difficoltà la persistenza nella nostra cultura del pregiudizio per cui le persone disabili sono percepite come asessuate, prive di una dimensione erotica e senza un desiderio di intimità. L’impossibilità, con questi presupposti, di raggiungere una condizione di benessere psicofisico, emotivo e sessuale, costituisce una limitazione al diritto fondamentale alla salute, limitazione che la normativa ha il dovere di prevenire.

[…] A questo scopo il presente disegno di legge istituisce la figura dell’assistente per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale. Tale operatore, a seguito di un percorso di formazione di tipo psicologico, sessuologico e medico, dovrà essere in grado di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne spesso scaricate in modo disfunzionale in sentimenti di rabbia e aggressività.

Tuttavia, l’attuazione del disegno di legge sembra essere caduta nel vuoto e, a oggi, non c’è ancora nulla, sul piano legislativo, che regoli l’esistenza dell’assistente sessuale in Italia.

Perché è necessario un assistente sessuale?

Lo specifica anche il disegno di legge, poi arenato, presentato in Senato nel 2014: il diritto alla sessualità è considerato uno dei diritti inalienabili dell’essere umano, e il concetto è peraltro ribadito anche dalla Carta Fondamentale dei Diritti dell’Uomo.

Istituire la figura dell’assistente sessuale è necessario non solo perché aiuterebbe le persone con disabilità ad approcciarsi al sesso e all’emotività in una maniera intima e seguiti da esperti del settore, ma anche perché eviterebbe, a loro e ai genitori, di doversi rivolgere al mondo della prostituzione per avere una vita sessuale.

Le conseguenze di rivolgersi a prostitut* sono evidenti: prima di tutto, in questo modo si incoraggia il traffico di esseri umani, rischiando anche di finire con l’essere denunciati per favoreggiamento della prostituzione. In secondo luogo, il ricorso a un* prostitut* può rivelarsi molto dispendioso per i genitori, con cifre che possono raggiungere anche i 3 o 4 mila euro; infine, alcune persone possono essere rifiutate dai professionisti del sesso, con la conseguenza di indurle a vivere l’esperienza in maniera traumatica.

E non si può non considerare il fatto che non tutti i professionisti del sesso sappiano gestire realmente il corpo di una persona con disabilità.

C’è però un altro aspetto, se vogliamo sociologico, non di minore importanza. Garantire il supporto di un assistente sessuale contribuirebbe a togliere le persone con disabilità da quell’aura di “angeli senza sesso”, riconoscendole a tutti gli effetti come persone con desideri ed esigenze sessuali.

Un tema affrontato anche dalla campionessa paralimpica e attivista Sofia Righetti, che abbiamo incontrato per un articolo, nella sua webserie Sofia Rocks, in cui, in ogni puntata, ha affrontato un argomento relativo proprio al mondo della disabilità.

Nel secondo appuntamento della serie, datata 2016, ha incontrato Maximiliano Ulivieri, promotore del progetto Lovegiver, che organizza in Italia corsi per diventare assistente sessuale, nonostante la figura non sia ancora riconosciuta dall’ordinamento.

Come si diventa assistente sessuale

I corsi, appunto; al momento, nel nostro Paese, quelli organizzati da Max Ulivieri e da Lovegiver sono l’unico modo per diventare assistente sessuale, o almeno per ricevere la formazione necessaria a farlo, se mai questa figura dovesse finalmente essere inserita nel quadro giuridico italiano.

Per iscriversi ai futuri corsi organizzati è sufficiente seguire quanto richiesto nella pagina del sito dedicata; nel frattempo, per capire di cosa realmente parliamo, potete vedere il documentario Because of my body, girato dal regista siciliano Francesco Cannavà, che ha seguito passo passo il percorso di formazione di 17 persone che hanno completato il loro percorso da assistente sessuale con i tirocini, dopo aver seguito un corso teorico diretto da specialisti, avvocati, psicologi e sessuologi. Anna, nel 2019, è diventata la prima tirocinante assistente sessuale in Italia, e si occupa di Matteo, un ragazzo tetraplegico di Parma.

Un approfondimento della figura dell’assistente sessuale è inoltre contenuto nel libro LoveAbility, scritto sempre da Max Ulivieri.

LoveAbility. L'assistenza sessuale per le persone con disabilità

LoveAbility. L'assistenza sessuale per le persone con disabilità

Maximiliano Ulivieri del progetto Lovegiver dà voce a testimonianze dirette ma anche alla prospettiva di ricercatori, decisori politici, operatori, per aiutare chi vive ogni giorno sulla propria pelle le conseguenze di una vita in cui sessualità e affettività sono negate.
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