Il movimento Lgbtq* non è un movimento monolitico. In questi anni, è accaduto spesso che gruppi di lesbiche o singole personalità – anche tra le femministe – si siano per esempio schierate in contrasto con le persone trans. Eppure la sigla stessa suggerisce, con quell’asterisco, che il movimento debba essere il più inclusivo possibile. Le criticità ci sono eccome però. E alcune di questi riguardano i bisessuali.

Come mai? Per molti decenni i bisessuali hanno rappresentato un unicum all’interno del mondo arcobaleno. Da un lato, per esempio, nel momento in cui si innamorava di una persona dell’altro sesso, anziché dello stesso, chi è bisessuale non ha mai avuto nessun ostacolo dal punto di vista dei diritti civili legati al matrimonio. Dall’altro, in base al senso comune, stiamo parlando di qualcuno che è stato ed è tutt’ora, in un certo senso, invisibile. Tanto che in un articolo dell’Independent Molly Fleming stigmatizza le parole utilizzate dalla femminista Julie Bindel:

Perché le annoiate donne eterosessuali stanno rivendicando di essere lesbiche?

La frase nasconde un’accusa ben precisa nei confronti di celebrità come Miley Cyrus, che si è identificata come persona queer negli anni passati e che al tempo stesso ha sposato un uomo (da cui poi ha divorziato, dopo due anni), il collega attore Liam Hemsworth conosciuto anni prima sul set di The Last Song. E questa accusa è di essere delle “turiste lesbiche”, che si atteggiano per apparire più interessanti, per far passare in secondo piano i privilegi che da sempre queste persone hanno.

Le dichiarazioni di Bindel sono tanto più gravi perché non tengono presente che non ci si innamora di un sesso, ci si innamora delle persone: queste persone possono essere maschi, femmine o anche non binarie. Per questo esistono le persone bisessuali, ma anche le pansessuali. Per questo esiste un asterisco alla fine della sigla Lgbtq* – e tra l’altro, proprio la B sta per Bisessuali.

Non solo i bisessuali esistono – scrive Fleming nel suo articolo – ma combattono anche contro la discriminazione. Obbligati a saltellare tra il mondo etero e quello gay, non venendo accettati completamente in entrambi, i bisessuali sono più predisposti ai problemi mentali rispetto alle loro controparti lesbiche.

Dovremmo ricordare tutti che l’accettazione è importante. Non si possono liquidare i bisessuali solo perché non si è uno di loro e non ci si trova nei loro panni. Perché i bisessuali hanno davvero tantissimi problemi da affrontare. Per esempio, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha realizzato un report in cui si dice che le donne bisessuali sono più a rischio di violenza sessuale. Altri studi dicono che queste donne sono più soggette a violenza da parte del proprio partner e cinque volte più esposte agli stupri rispetto alle donne eterosessuali.

L’essere queer – continua Fleming – è diventato per qualcuno un modo per disappropriarsi del privilegio che si detiene. Ma la verità è che non funziona così. Il privilegio di cui ho esperienza, in quanto donna bianca della classe media, non se ne va via se io mi dichiaro.

Allo stesso modo, la sofferenza patita per il proprio coming out non rende più o meno gay. Come afferma la stessa Molly Fleming, aver affrontato il rigetto della famiglia non la rende più lesbica dell’amica, la cui madre marcia con lei durante il Pride.

Rinchiudere le persone dentro a delle scatole con limiti ben definiti può essere una forma di pensiero consolatoria, ma non rispecchia la realtà, ed è discriminante. Si tratta dunque di una filosofia che soprattutto la comunità Lgbtq* dovrebbe evitare. I bisessuali non sono né confusi né indecisi. Sono quello che sono, anche quando sono “invisibili”. Volerli emarginare perché non rientrano pienamente nei “canoni gay” è la stesso tipo di discriminazione che omosessuali e lesbiche hanno dovuto affrontare da parte degli etero.

Tracciare queste linee guida è una pratica pericolosa. Perché comporta impicciarsi di cose che non competono. Una donna non può definirsi lesbica finché non fa sesso con una donna? Miley Cyrus non può definirsi queer perché ha sposato un uomo? Ma chi lo ha deciso?

La verità è che sopra ogni differenza e battaglia dovrebbe valere sempre e solo il sacro diritto alla libertà dell’autodeterminazione, senza che nessuno, al di fuori di noi stessi, possa dirci cosa siamo o cosa non siamo, basandosi solo sulle nostre abitudini, atteggiamenti e sentimenti.

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