Quante volte ci è capitato di ascoltare delle amiche parlare della gelosia con un’accezione positiva? La gelosia non è mai qualcosa di positivo – e meno che non si utilizzi questo termine a sproposito per indicare, ad esempio, una sana competizione nello studio o nel lavoro.

Non si tratta di un sentimento, ma di una vera e propria condizione – che tuttavia può essere modificata grazie alla terapia psicanalitica – che spinge una persona a provare certezza per il possesso di cose o persone e al tempo stesso a vivere nell’incertezza di perdere tutto. La gelosia non è amore, in nessun caso, tanto che quella patologica è alla base di tutti i casi di femminicidio – anzi, proprio il termine femminicidio indica un delitto commesso nei confronti di una partner, considerata come un oggetto di proprio possesso.

Gelosia, le ragioni psicologiche

Gelosia
Fonte: Fantozzi contro tutti

Le ragioni che scatenano la gelosia possono essere tante dal punto di vista psicologico. Innanzi tutto c’è una forte componente famigliare: questa condizione si acquisisce in base a retaggi educativi che si perpetuano, sia in maniera diretta, attraverso gli insegnamenti dei genitori, sia in maniera indiretta, cioè in base all’osservazione del menage di coppia tra mamma e papà. Quando i propri genitori vivono una relazione completamente alla pari è difficile trarne una lezione negativa, è molto remoto quindi percepire la gelosia in un rapporto di coppia futuro. Ma può capitare, perché alla base ci possono essere anche delle altre motivazioni, come la mancanza di autostima o di fiducia nel prossimo, anche questa causata da insegnamenti errati che sono stati percepiti in maniera diretta oppure indiretta.

Gelosia patologica o ossessiva

Gelosia
Fonte: Attrazione fatale

Come spiega Ipsico, la gelosia propriamente detta – ovvero la gelosia patologica detta anche gelosia ossessiva – inizia con una sorta di flash sulla base di un cambiamento del partner – ma in realtà il cambiamento può essere solo immaginario. Seguono emozioni dolorose e interpretazioni errate di situazioni e ipotesi, ma anche interrogatori, controlli smodati – che spesso sfociano nello stalking – fino al controllo di ogni ambito della vita del partner. La diagnosi di uno psicologo può avvenire quindi per esempio all’interno della psicopatologia ossessivo-compulsiva.

Esiste quindi un’ossessione, che nella fase più acuta della gelosia crea una sorta di mondo parallelo in cui la certezza di un eventuale tradimento non viene lontanamente messa in discussione. Non c’è però univocità in quello che pensano gli psicologi, tanto che qualcuno crede che la gelosia possa essere invece affine alla paranoia, o meglio al disturbo paranoide – in particolare quando si verifica attraverso dei pensieri che vengono chiamati «intrusivi» e che tornano in mente proprio malgrado, cioè anche quando si prova, senza alcun successo, a razionalizzare.

Quindi esistono diversi disturbi che contemplano la gelosia quale loro sintomo. Oltre ai succitati c’è anche il disturbo borderline – per cui esiste una componente in cui il soggetto percepisce la paura dell’abbandono anche se non è reale. Analogamente, nel disturbo dipendente, la persona diventa gelosa per paura di un allontanamento, basandosi esclusivamente su proprie fantasie. Naturalmente, va sottolineato come soltanto andando ad analizzare ciò che ha portato una persona a sviluppare una perdita tale di contatto con la realtà possa contribuire a una diagnosi certa del problema. Anche se la terapia ha un fondo comune: la ricerca del sostrato sociale, culturale e personale di chi si ritrova a soffrire per questa condizione. In altre parole la gelosia si può contrastare e ora vedremo anche come.

Come combattere la gelosia

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Fonte: The Gift

Liberarsi della gelosia patologica e ossessiva è un lavoro per uno psicologo o uno psicanalista. Il professionista andrà a scavare nella memoria, alla ricerca delle ragioni scatenanti che hanno prodotto la condizione. Si deve agire alla radice del retaggio oppure di quello che manca in termini di autostima o di fiducia nel prossimo. Solo in questo modo si potrà trasformare il presente, cioè agendo sul passato. Non è un processo breve, ma c’è da dire che ammettere di avere un problema, come sempre, è in questi casi un importante primo passo. E rivolgersi a uno psicologo il secondo.

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