"Sono demigirl, tipo 80% donna e il resto chissà . Ascoltami, non giudicare"
Cosa significa essere demigirl e come il pregiudizio circonda quest'identità di genere: ecco cosa c'è da sapere.
Cosa significa essere demigirl e come il pregiudizio circonda quest'identità di genere: ecco cosa c'è da sapere.
Sono demigirl, tipo 80% donna e il resto chissà . Ascoltami, non giudicare.
Potrebbe iniziare così il coming out di Natasha Vagnarelli, che ha scritto su Bossy una lettera aperta ai suoi genitori, raccontando loro di essere demigirl, quello che prova a esserlo e che cosa significa veramente. Nell’articolo-lettera aperta, l’autrice spiega di sentirsi donna all’80%, mentre per il 20% è gender fluid: significa che in quel 20% a volte è più spiccata la parte maschile, altre volte prevale una femminile o non binaria, mentre infine altre volte ancora quella parte è agender.
Non è facile da comprendere. La stessa autrice, probabilmente, farebbe fatica a spiegare quel 20% o la percentuale variabile di altro. E proprio perché è difficile anche da spiegare, essere demigirl o demiboy attrae su di sé i pregiudizi della gente che, ancor più che con i bisessuali, parla di persone cui va bene un po’ di tutto.
Non ho delle percentuali stabilite sempre costanti – scrive Vagnarelli – ma posso provare, indicativamente, a darvi qualche numero: l’80% di me è donna, quindi la maggior parte. La maggior parte di me si sente bene con il proprio sesso biologico. Il restante 20% è un po’ più complicato, perché si tratta anche della parte variabile. Anzi, diciamo che si potrebbe dire che questa parte è anch’essa suddivisa in due parti, ma molto fluide fra di loro.
Sforzarci di comprendere, in questo casi, è la cosa migliore che ognuno di noi può fare. Le sfumature sono tantissime: identità di genere e orientamenti sessuali non possono essere sempre netti, definiti, esistono delle zone grigie in tantissime persone anche tra quelle che conosciamo. Il loro coming out in tal senso non deve cambiare nulla: se la persona che dice di essere demigirl o demiboy ci piaceva prima, non può non continuare a piacerci.
Si tratta di un termine composto, con la presenza del prefisso demi-, che equivale a «semi-» o «mezzo, metà ». Il coniatore del neologismo è sconosciuto. Si usa anche il termine demiwoman o demifemale.
Queste parole indicano un’identità di genere – ma non un orientamento sessuale – per qualcuno che si identifica parzialmente ma non completamente con una donna o con la femminilità , qualunque sia il genere che è stato assegnato alla nascita. Per esempio, il termine si usa per indicare una persona che alla cui nascita è stato attribuito il sesso femminile ma non è completamente connessa con quell’identificazione – ma questo non crea nella persona una dissociazione tale da generare una disforia di genere. Inoltre il termine descrive persone cui è stato assegnato il genere maschile alla nascita, hanno intrapreso un percorso di transizione e si identificano anche come persone non binarie.
Demiboy (ma anche demiguy, demiman, demimale) è la controparte di demigirl. Anche questo termine descrive qualcuno che, parzialmente e non completamente, si identifica con un maschio indipendentemente dal genere assegnato alla nascita. Analogamente, un demiboy è qualcuno che non si sente connesso con la sua identificazione alla nascita ma non soffre di disforia di genere. E anche in questo caso il termine si usa per indicare qualcuno che, dopo l’assegnazione del genere maschile alla nascita, ha iniziato un processo di transizione e al tempo stesso è una persona non binaria.
Come abbiamo accennato prima, demiboy e demigirl non sono concetti associabili alla disforia di genere. Quest’ultima, chiamata anche disturbo dell’identità di genere, è il disagio che una persona percepisce rispetto al sesso che è stato assegnato alla nascita. In altre parole, demiboy e demigirl vivono con tranquillità e naturalezza la loro identità di genere, non percepiscono alcun malessere in relazione a essa.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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