Per dirlo in maniera poco elegante, tutti abbiamo un culo.
Tutti, potenzialmente, potremmo sperimentare la penetrazione anale.

Eppure tra gli uomini etero sono in pochi a farlo e non è solo una questione di tabù.

E nemmeno solo di preferenze, che sono sacrosante e, ricordatelo, strettamente personali, quindi ciò che non piace a me non deve necessariamente non piacere a tutti (e viceversa).

Al netto di preferenze e tabù è però indubbio che siano le donne a detenere un “lasciapassare” sociale, ma, come detto, anche noi maschietti abbiamo un culo, quindi perché siamo per la maggior parte disposti a sperimentare il sesso anale solo da attivi? Perché non ci concediamo nemmeno il beneficio del dubbio, tanto da non volere nemmeno provare? Che poi, come dicevano le nostre nonne, finché una cosa non la provi non puoi dire se ti piace o meno…

La risposta più veloce che un uomo potrebbe dare è “perché non sono gay”.

E sarebbe una risposta molto stupida. Ripetiamolo tutti insieme: il sesso anale non è appannaggio esclusivo dei gay. Si può trarre piacere da una penetrazione del genere restando etero al 100%, come vi sono omosessuali a cui il sesso anale non piace. Sbam! Sorpresa!

Nella cultura dell’America latina un uomo resta un macho anche se ha rapporti omosessuali, l’importante è che li abbia da attivo e non sia un maricón, ovvero un passivo. Il suo status di “uomo” non è messo in dubbio dalla compagnia che frequenta, bensì dal ruolo che ha durante il sesso anale. Questa visione, seppure delirante e discriminatoria, chiarisce però bene come omosessualità e sesso anale siano due cose ben diverse, non per forza sovrapponibili.

Inoltre, il fiorente mercato dei sex toys ha da molto tempo superato il monopolio del pene, perciò colui che desidererebbe sperimentare il pegging con la propria compagna (o da solo) avrebbe tutti i mezzi necessari per farlo. In breve: non c’è la necessità di essere gay (o bisex) per sperimentare una penetrazione anale.

E se un passo del genere spaventa, si potrebbe pensare di ricorrere a un più dolce massaggio prostatico, ma persino un singolo dito infilato nel sedere rischia di minare la sicurezza di uomini grandi e grossi.

Qual è quindi il reale motivo per cui ciò che a una donna è concesso fare (anzi, è a volte addirittura richiesto fare) a un uomo è proibito?

“Perché è doloroso” potrebbe rispondere qualcun altro.

Tuttavia, pure ignorando la dovuta premessa che se fatto bene non deve essere doloroso, viene da chiedersi come mai così tanta preoccupazione solo quando si tratta del proprio orifizio, mentre se si tratta del sedere della donna, che sia doloroso poco importa.

Se, parafrasando Aldo Busi, “ci vogliono le palle per prenderlo nel culo” è chiaro quindi che le donne ne hanno molte più degli uomini.

La verità è che non è la paura del dolore a bloccarci: è la paura di perdere la nostra virilità. Di apparire come maricones.

Come se i nostri culi fossero i custodi supremi della mascolinità.

Non vi è alcuna traccia di mascolinità nel nostro sedere, tranquilli, ma qualcosa c’è e si chiama prostata. Quella ghiandola solo maschile responsabile del cosiddetto orgasmo prostatico. Il motivo per cui se è vero che tutti abbiamo un culo, è paradossalmente quello maschile il più predisposto a godere, anatomicamente parlando.

È chiaro quindi che la vera motivazione non risieda nel sedere, bensì nella testa.

Il punto è che si tratta sempre di un gioco di dominati e sottomessi, ma non nel senso ludico che ne fanno chi ricorre al BDSM (i quali ben sanno che a volte a comandare davvero sono i sottomessi), ma nel senso molto meno divertente che ha permeato la nostra società da sempre.

I maschi dominano, le donne subiscono.

Uno schema che è stato attaccato e scalfito nel tempo, ma che a livello sessuale si è impresso a tal punto da non permettere alcuna variante.

L’uomo che subisce rischia quindi di perdere il proprio status di uomo, soprattutto verso se stesso, prima ancora che verso la propria compagna.

Agli uomini viene insegnato così tanto che devono sempre essere i dominatori della situazione, che divengono robot incapaci di eseguire qualsiasi altra programmazione. E alle donne idem, nel senso opposto, al punto che alcune di loro arrivano addirittura a considerare normale non raggiungere mai l’orgasmo.

È uno schema mentale talmente radicato nella nostra cultura che non sembra nemmeno uno schema: pare scontato. Verrebbe però da chiedersi se la nostra società non sarebbe diversa se la penetrazione anale non fosse un tabù per nessuno. Se fosse “normale”, magari un uomo capirebbe con il tempo che non fa per lui, ma forse qualche “prova” l’avrebbe fatta e chissà se uomini che hanno provato la penetrazione sarebbero poi più sensibili a come penetrano. Più attenti ai bisogni (e ai “no”) delle donne. Chissà…

È una domanda destinata a rimanere per ora senza risposta. Smantellare secoli di demonizzazione del sesso anale è un’ardua impresa.

E questo è il motivo per cui, anche laddove un uomo dovesse convincersi controvoglia a provare la penetrazione anale, probabilmente la troverà orrenda. Come una donna troverebbe poco eccitante (nei migliori dei casi) se non addirittura disgustosa, l’idea di penetrare il proprio uomo.

Perché questi retaggi sono così potenti che ci rendono incapaci di vivere esperienze in modo libero e oggettivo. O meglio: si sostituiscono al nostro giudizio prima che possiamo avere il tempo di capire se una cosa ci piace o meno.

Con questo voglio dire che dovremmo tutti sperimentare il sesso anale?

Assolutamente no: il sesso anale non è per tutti. Necessita di un’adeguata predisposizione mentale e di una doverosa preparazione igienica. È macchinoso e non sempre disponibile.

Perciò non c’è niente che ci obblighi a intraprendere una battaglia personale contro i nostri limiti. Si può tranquillamente avere una vita sessuale sana e divertente mantenendo i nostri personali tabù e senza mai sperimentare la penetrazione anale.

Ovvio però che essere quantomeno consapevoli che tali limiti esistono non può che farci bene. Significa imparare qualcosa in più rispetto a noi stessi ed essere più empatici verso la/il partner, che significa da un lato non forzare nessuno a fare nulla che non voglia e dall’altro essere in grado di gestire meglio le eventuali novità e avere meno paura. Sì, anche di un dito nel sedere.

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