Una ricetta per lo stupro. È così che nel 2016 John Foubert, docente all’Oklahoma State University, ha definito la pornografia a margine di un suo studio, in cui si trova una correlazione tra porno e violenza sessuale e spiega come la pornografia abbia influenzato il comportamento sessuale dei Millennial.

La ricerca, che è una revisione di una serie di studi, riporta come l’88% delle scene nei film porno contenga aggressioni verbali o fisiche che sono in gran parte indirizzate alle donne. Inoltre, nel 95% dei casi in cui gli attori porno interpretano una scena in cui umiliano le donne o sono violenti con loro, la sceneggiatura prevede che quell’atteggiamento sia gradito.

Stando a quanto riporta il Guardian, oltre un terzo della pornografia diffusa in Nuova Zelanda ritrae rapporti sessuali non consensuali: l’ufficio della censura di quella nazione ha compilato un rapporto che ha preso in analisi i 200 video più popolari caricati nell’ultimo anno su Pornhub. È emerso che nel 10% dei video erano presenti aggressioni fisiche, nel 9% un linguaggio umiliante e offensivo.

Si tratta di un problema antico, un dibattito che esiste fin dalla nascita del porno: può questa forma di comunicazione fornire modelli positivi? I modelli forniti in video o fotografie umiliano le donne? Le storie del porno contemplano la non consensualità come gradevole?

Per i giovani – ha commentato alla testata britannica David Shanks, che è responsabile dell’ufficio della censura che ha realizzato il rapporto – il tema ripetuto del «no» che diventa «sì» può facilmente diventare problematico. Spesso i video con questi contenuti cominciano mostrando un partner riluttante, di solito la donna, che inizia dicendo «no» al sesso. Ma la sua resistenza iniziale viene superata con insistenza e una sottile pressione da parte del maschio. L’attrice, poi, mostra di godere del contatto sessuale: il piacere femminile risulta notevole nel 99% dei video. In questi scenari, il rifiuto iniziale o la riluttanza da parte di uno dei due partner viene spesso superato dalla persistenza e dalla pressione dell’altro.

Chiaramente, per avere una risposta scientifica, dobbiamo rivolgerci a chi come Foubert o Shanks hanno studiato la questione. Shanks ha anche aggiunto che nei filmati porno analizzati è stato riscontrato la presenza di scambi affettuosi tra i partner in un quarto dei video e l’uso del profilattico solo nel 3% dei casi. Il responsabile ha valutato nella pornografia un modello di scarso valore per i giovani, che in questo modo non hanno le chiavi per comprendere il funzionamento del consenso e di una sana relazione sessuale.

La pornografia – ha spiegato Mary Anne Layden, psichiatra dell’Università della Pennsylvania, come riporta Vanity Fair – funziona come un maestro, una legittimazione e un pulsante di accensione per questi comportamenti negativi. Il danno si riscontra in uomini, donne, bambini e in adulti sia sposati che single. Riguarda comportamenti patologici, comportamenti illegali e alcuni comportamenti che sono sia illegali che patologici.

La questione, sotto un punto di vista differente, ma comunque in prima linea, era stata sollevata in modo differente qualche anno fa in Italia. A sollevarla fu il pornoattore Rocco Siffredi, che invocò l’istituzione dell’educazione sessuale a scuola negli istituti superiori italiani. Il pornodivo aveva perfino lanciato una petizione su Change, spiegando come i giovanissimi imparino dai suoi film come avviene un rapporto sessuale e come questo non sia assolutamente il metodo corretto.

In quel periodo, durante il dibattito si parlò anche dell’importanza di affiancare all’educazione sessuale anche l’educazione igienica, al fine di combattere la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili e per la prevenzione di gravidanze indesiderate.

Era il 2015 quando Rocco lanciò la petizione, che poi rimase tuttavia lettera morta. L’anno dopo, il professor Foubert avrebbe parlato di pornografia come ricetta per lo stupro. La domanda è se questo nuovo studio neozelandese cambierà qualcosa. Resta comunque da chiedersi se la strada corretta sia ricercare e aggiustare un’ipotetico intento pedagogico dei video porno oppure responsabilizzare i giovani affinché abbiano gli strumenti necessari per interpretarli per quello che sono: fantasie lontane dalla realtà.

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