“La prima volta che un uomo mi ha chiesto di masturbarmi davanti a lui”
Ci si mostra vulnerabili, nell'atto più intimo che una persona possa verso se stessa, molto più che nudi. Oserei dire che ha a che fare con un incontro di anime.
Ci si mostra vulnerabili, nell'atto più intimo che una persona possa verso se stessa, molto più che nudi. Oserei dire che ha a che fare con un incontro di anime.
Di quando scoprii la masturbazione da bambina, o meglio, di quando ricordo di aver scoperto che quel piacere fosse qualcosa di proibito, di “cattivo”, sporco, che rischiava di farmi finire all’inferno e a cui cercare di resistere, senza riuscirci, ne ho già parlato.
Ho scritto anche di come la cosa si protrasse nell’adolescenza e, anche se mi piacerebbe dire senza ombra di dubbio che oggi sono una donna libera dallo stigma della masturbazione, la realtà è quella che ho scritto allora in questo post:
Ancora capita di sentirmi “strana”, quando il climax scema e mi trovo a chiedermi se è normale.
Non mi basta sapere, oggi, donna adulta, che la masturbazione è un atto naturale, per nulla osceno: un mezzo per conoscere se stessi, il proprio corpo, imparare ad amarsi e insegnare ad altri ad amarci come ci piace. Senza vergogna, senza sensi di colpa, con gioia.
Va da sé che ricordo ancora con chiarezza il disagio che mi pervase la prima volta che un ragazzo diresse la mia mano verso il mio pube nell’invito esplicito, anche se senza parole, di darmi piacere davanti ai suoi occhi. Eravamo nella sua stanza da studente universitario, nel bel mezzo di preliminari ben avviati e tutt’altro che timidi e il mio improvviso irrigidimento lo colse di sorpresa.
Respinsi quel gesto e, con esso, la sua richiesta. Lui, da persona intelligente qual è tuttora, non forzò la cosa e continuammo a fare del bellissimo, sano e libero sesso insieme, come altre volte era già accaduto e sarebbe capitato ancora, pur non iniziando mai una relazione sentimentale ufficiale, né vincolandoci a doveri di reciproca fedeltà.
A lui devo anche un altro gesto tutt’altro che scontato. Mentre fumavamo la rituale e al tempo per noi sacra sigaretta dopo il sesso, bevendoci una birra, a un certo punto scelse di non fare finta di niente e me lo chiese:
“Mi dispiace per prima. Ora che so che non ti piace non lo farò più. Mi sembrava una cosa bella. Ecco, volevo solo dirtelo, perché non nascano fraintendimenti da noi. Se una cosa che fa l’altro non ci piace ce lo diciamo e stop. Ok? Anche perché io e te sembriamo nati per fare sesso insieme e mica voglio rinunciarci perché uno dei due si sente in dovere di fare qualcosa per l’altro che non gli va”.
Non posso giurare sull’esattezza di queste parole, ma furono davvero pressapoco queste. Le ricordo bene, perché ho trovato pochi uomini così diretti e rispettosi nei fatti di sesso, e anche perché furono loro a farmi riflettere, forse per la prima volta in modo consapevole, su quante sovrastrutture avessi.
Mi ritenevo una ragazza libera, libera sessualmente, libera di gestire il proprio corpo, di usarlo per trarne piacere e per ricevere piacere… Ma la verità è che per me la masturbazione era un tabù. Qualcosa da nascondere anche a una persona con cui avevo un’intesa sessuale perfetta e con cui facevo qualsiasi altra cosa.
In realtà mi aveva preso alla sprovvista e stanata nel mio perbenismo da catechesi e giudizio universale: la masturbazione mi faceva sentire “sporca”, volgare, peccaminosa.
Fu quel ragazzo, che non ho mai amato e che mai mi ha amato, non nel senso istituzionale del termine, ma al quale mi ha sempre legato il reciproco rispetto e un’infinita stima, a insegnarmi, su mia richiesta, ad abbattere quel muro di tabù, pregiudizi e stigma sociali che mi erano stati messi addosso da un’educazione poco illuminata.
Mi diceva che non dovevo farlo per forza, ma che era una cosa meravigliosa che una persona imparasse ad amarsi da sola e condividesse questo piacere così intimo con un altro essere umano.
Lui era bellissimo, mentre si masturbava e lasciava a me la possibilità di concentrarmi su quei dettagli improvvisi del fremito di un muscolo che si tende o del volto che si contrae appena. E io ero bellissima. Me lo diceva lui, mi ci sentivo io – ed era per me una sensazione nuova.
Aveva ragione lui: serve una connessione più profonda per lasciare che l’altra persona ci guardi mentre ci masturbiamo, che per una penetrazione. Lasciarsi guardare mentre ci si masturba è la resa: ci si mostra vulnerabili, nell’atto più intimo che una persona possa verso se stessa, molto più che nudi. Oserei dire che ha a che fare con un incontro di anime.
Sono l'alter ego digitale di una donna vera e mamma di un duenne che, sotto le mentite spoglie di una geisha, può scrivere liberamente della sua vita sessuale.
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