Ho sempre riso di quel luogo comune, una fede per alcuni, per cui “gli uomini fanno sesso, le donne fanno all’amore”.

L’ho sempre considerato per quello che è: un cliché, una pretesa sociale che declina un concetto di femminilità deprivato da istinti sessuali e dedito solo alla ricerca dell’“uomo giusto” con cui costruire una famiglia, avere dei figli e, da qui, realizzarsi come donna (manco fosse questa la strada obbligata e tracciata per farlo).

Va da sé che, nella mia vita, c’è stato l’amore, quando ho avuto la fortuna di incontrarlo e – cosa non secondaria – riconoscerlo, e c’è stato, spesso, solo il sesso.

Tra le due cose, i periodi di astinenza sono stati tendenzialmente pochi e, in linea di massima, sono corrisposti a momenti in cui non stavo bene, a livello fisico o emotivo. Perché per me fare sesso è sempre stata, prima di tutto, una necessità, fisica e mentale.

Oggi per me il sesso corrisponde all’amore e alla monogamia. Senza essere per questo né gabbia, né limite. A differenza di quanto alcune persone tendono a pensare, a partire da una cara amica che, sere fa, mi ha espresso tutta il suo scetticismo sul tema.

A sostegno della sua tesi, “l’essere umano non è fatto per essere monogamo”, ha rievocato i (bei), a suo dire, tempi andati in cui la sottoscritta saltava da un fiore all’altro, con serenità, appagamento e paranoie zero.

Non parlerò – perché non ho il tempo né la voglia di scrivere il trattato che la cosa richiederebbe, né la pretesa che a qualcuno possa interessare – delle ragioni per cui, dal canto mio, credo che le persone possano sia essere felicemente monogame sia altrettanto lietamente poligame (entrambe le cose, sempre o in alcuni periodi della loro vita).

Ma rispetto a quest’altro stereotipo, per cui due persone che scelgono consensualmente di essersi fedeli si stiano, secondo alcuni, limitando sessualmente a favore di una convenzione sociale, ho qualcosa da dire.

Ma lo farò con un’argomentazione al contrario. Partendo cioè da un preciso momento della mia vita in cui, single e senza vincoli di sorta, facevo sesso in maniera compulsiva e bulimica quasi ogni sera e, quasi sempre, con uomini diversi.

L’arco temporale in questione non è stato esattamente limitato, visto che stiamo parlando di almeno un anno. Tra i benefici, va da sé, c’era il fatto che la mia pigrizia storica e la mia naturale avversione all’attività fisica avessero trovato una valida alternativa per tenermi in forma. Ma la mia di allora era davvero la libera scelta di una donna libera di fare del libero e sano sesso?

In altri momenti della mia vita lo è stato. Con meno affanno e con più naturalezza di questi 12 mesi da 50 sfumature di tutti i colori.
In quel periodo preciso, con il senno di poi – ma in realtà ne ero consapevole anche nel mentre, anche se non del tutto – no.

Facevo sesso con 4-5 uomini diversi a settimana. Alcuni erano più o meno fissi (ma mai più di una volta a settimana l’uno), altri cambiavano; alcuni erano amici di più o meno vecchia data, altri riesumazioni da un passato non troppo lontano, altri ancora perfetti sconosciuti rimorchiati in una sera: la maggior parte di loro, comunque, non arrivava alla terza volta, perché io dopo la seconda ne avevo abbastanza e li rimbalzavo.

Lo facevo perché avevo una voglia irrefrenabile di sesso?
O lo facevo perché mi ero trovata – per contesto astrale favorevole o non so cos’altro – in una contingenza della mia vita in cui incontravo solo uomini estremamente sexy?
Insomma: avevo davvero voglia di fare sesso e, soprattutto, di farlo con ognuno di loro?

No. Nella maggior parte dei casi mi sarei vergognata di dire anche alla mia più cara amica di essere andata a letto con quel tipo o quell’altro. Mi piaceva al momento, chiaro: non mi stavo costringendo. Ma a piacermi era soprattutto il pre: adoravo flirtare con loro, mi piaceva l’atmosfere della chiacchiera, farci un aperitivo, con qualcuno anche una cena a casa o fuori, percepire il loro desiderio di me. Ma 5 minuti dopo averlo fatto non vedevo l’ora che scomparissero: fosse stato per me avrebbero dovuto tutti dileguarsi nell’esatto momento in cui raggiungevo l’orgasmo.

Alcuni li reputavo proprio brutti, altri bellissimi ma totalmente stupidi, altri ancora mi erano totalmente indifferenti dal punto di vista sessuale.

E allora perché quell’insaziabile, smoderata e totalmente randomica attività sessuale?

Il sesso era il  mio modo per anestetizzarmi da una parte e di affermarmi dall’altra.
Se c’è stata una costante nella mia vita è stata quella di cercare di piacere agli altri. Sin da quando ero piccola ho sempre cercato l’approvazione delle persone e ho cercato di dare agli altri quello che loro si aspettavano o, meglio ancora, avrebbero voluto trovare nella loro persona ideale.

Questo sia che si trattasse dei miei genitori, di un’amica, di un ragazzo, di un collega, un datore di lavoro o, va da sé, di un partner sessuale.

Da dove nascesse tutto questo desiderio di compiacere gli altri, non serve Freud a spiegarlo, credo sia abbastanza chiaro: dall’insicurezza, da quel sentirsi perennemente fuori posto, in difetto e mai abbastanza.

Sedurre ragazzi prima e uomini poi è stata una costante della mia vita per molto tempo – a prescindere dal fatto che mi interessassero o no -, il mio modo di rapportarmi al sesso maschile: era il mio espediente per sentirmi desiderata, amata, meritevole di attenzione.

La verità di quel periodo è che io non stavo bene con me stessa e, quindi, mi circondavo di uomini, che nella maggior parte dei casi reagivano ai miei repentini abbandoni con l’adorazione e con pseudo innamoramenti che mi facevano sentire indispensabile per qualcuno.

Vedevo nei loro occhi e leggevo nei loro messaggi quella bellezza che io non riuscivo a trovare in me. Loro sì. Alcuni solo per meri fini sessuali, altri perché davvero nutrivano stima, affetto e, in alcuni casi, forse persino amore per la sottoscritta.

Bella merda. Insomma. Io e la situazione in cui ho sguazzato a lungo nel tentativo di sentirmi viva.

Ho provato a spiegare alla mia amica, che trovo molto più appagante il mio sesso monogamo di oggi. Al tempo, probabilmente, anzi di sicuro, avrei fatto meglio a limitarmi alla masturbazione e al sesso con quei 5-7 ragazzi con cui, in quell’anno, mi è piaciuto davvero farlo.

Perché sì, anche alle donne piace fare sesso. Per fortuna. 
Ma questo nuovo stereotipo di una libertà sessuale a tutti i costi ha rotto le palle, esattamente e né più né meno di quello della donna che fa solo all’amore. Soprattutto se diventa un pensare alle donne che scelgono una relazione monogama come a delle frustrate bigotte.

Non ho giudizi morali con cui bacchettare la me di allora: solo la consapevolezza che quell’abuso del sesso, per me, in quel momento, era sbagliato. Perché non mi faceva stare bene. Nascondeva solo la polvere sotto il tappeto, invece di andare a stanarla.

La verità è che siamo diversi: ogni persona è un mondo a sé e la stessa persona, nel corso della sua vita, cambia e ha esigenze diverse. Non esiste giusto e sbagliato, se non quello che è giusto o sbagliato per te in quel momento. 

Sesso, amore, astinenza: che ognuna faccia quello che le pare. Quando vuole, come vuole e, soprattutto, se lo vuole davvero e la fa stare bene.

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